La più amata

La più amata

"La voce più originale, tattile, luminosa della prosa russa contemporanea": con queste parole Josif Brodskij salutò l'esordio letterario di Tat'jana Tolstaja nei primi anni Ottanta cogliendo con sinteticità due elementi fondamentali della sua narrativa, la novità dell'approccio tematico e lo stile. Il mondo di Tat'jana Tolstaja non è abitato da protagonisti, ma da gente comune, uomini, donne non particolarmente belli, intelligenti o fortunati, alle prese con la vita, congegno a orologeria guidato da ragioni superiori, tutt'al più intuite, in ogni caso mai interamente comprese dai minuscoli attori sul proscenio. L'orizzonte della scrittrice oscilla tra lo smarrimento che germoglia nell'anima travolta dal caos dell'esistenza, quando il nostro potenziale di sogni, speranze, passioni si infrange contro la banalità quotidiana; la paura che ci sorprende quando siamo sfiorati dal sospetto di un'eternità in attesa della nostra inevitabile capitolazione, e la nostalgia - che della paura è appunto il preludio - di un ordine armonico quanto arcano, capace di trascendere, placandola, ogni dolorosa dissonanza del presente. Non è un caso, dunque, se Tat'jana Tolstaja racconta storie d'infanzia che sembrano fiabe, e storie di vecchiaia che hanno la levità spietata di un racconto di Cechov, storie di malattia, alienazione, di piccole crudeltà quotidiane che discendono dalla vena surreale della grande tradizione russa, imprimendosi come apologhi esemplari nella memoria. Questo universo di uomini, animali, insetti, case pulsanti come un corpo vivo, sentieri nei boschi, città chiassose, venti fluviali, gialle lune cornute e sfrigolanti notti estive è evocato da una scrittura traboccante quanto ariosa in cui germoglia l'una dopo l'altra, per figliazione spontanea, allegorie e metafore che proiettano all'esterno la grazia di una luminosa vista interiore.
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