Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari
La presenza della Chiesa nell'Italia moderna si è fatta sentire non solo in termini di potere politico ma anche in termini di conquista delle coscienze. Scopo di questo volume è ricostruire le forme e i tempi di affermazione dell'egemonia cattolica in Italia dopo la rottura dell'unità religiosa europea. Fu solo un processo di reazione, di "contro-riforma", oppure l'avanzata di un'onda più lunga di quella suscitata dalla predicazione di Lutero?La risposta viene cercata attraverso l'analisi di tre tipi di presenze istituzionali della Chiesa: l'Inquisizione romana, primo tribunale centralizzato della penisola come potere poliziesco e repressivo; le nuove forme di confessione come intervento persuasivo e dolce di sostegno delle coscienze; la predicazione dei missionari nelle camapagne e in mezzo alle classi popolari come strumento di animazione e conquista culturale.Nella realtà storica del Cinque e Seicento, questo schema subì variazioni di ogni genere: l'Inquisizione, dopo la prima, sanguinosa e durissima fase di lotta contro l'eresia, si piegò a tribunale della moralità quotidiana. La confessione, impiegata all'inizio come strumento poliziesco, diventò teatro di sollecitazioni e seduzioni di varia natura, tipici reati di una divisione tutta moderna tra religione e sfera politica, che lasciava alla guida ecclesiastica il controllo della coscienza come tribunale di un sistema di norme morali a carattere inividualistico, dominato dalle colpe del sesso. Spettò ai missionari che operarono tra le plebi contadine collegare persuasione e repressione, dando così una base di massa all'egemonia cattolica.
Momentaneamente non ordinabile