Le nozze in casa
Nel 1849 dopo la scomparsa della moglie Pipsi, Bohumil Hrabal rivesa in un monologo di condensata ironia, percorso da accesi toni popolareschi, malinconica poesia, sensualità , clownerie, rimpianto, la storia della sua vita coniugale, e l'affida al samizdat e agli editori occidentali con un gesto molto coraggioso perché da nulla e da nessuno garantito, essendo all'epoca assolutamente impossibile prevedere la clamorosa svolta del 1989. Ma non è Hrabal a raccontare: con un beffardo espediente autocritico, che è anche generosa sottomissione affettiva, egli presta la sua voce a Pipsi, tenera fanciulla di origini tedesche e altoborghesi. Pipsi, che la guerra allontana dai genitori e da una vita privilegiata proiettandola nella Praga postbellica degli anni Cinquanta, dove gli ultimi languori Biedemeier soffocano tra gli assurdi dettami del realsocialismo. Nitidi fotogrammi scandiscono la storia dei primi incontri in un cortiletto di periferia o del corteggiamento retrò cui fanno da sfondo le cucine fumanti dell'hotel Pariz le gite estive sulla Vltava, per culminare nela grandiosa scena delle nozze che ha i segni e i colori di uno Chagall boemo. Altrettanto prezioso è ritrovare nella vita di Pipsi e Bohumil la genesi di libri già famosi: la pressa e il magazzino interrati di "Una solitudine troppo rumorosa", l'atmosfera pettegola e festosa dell'hotel Pariz in "Ho servito il re d'Inghilterra", la stazioncina periferica di "Treni strettamente sorvegliati"; e ancora la guerra e l'occupazione nazista, le difficili convivenze di tedeschi ebrei e cechi, i piccoli ipocriti alla Fuks, gli amori traditi, la quiete arcaica, atemporale della provincia: preziosi trilobiti che, come suggerisce lo stesso Hrabal, la lettura diagonale del lettore rinviene tra gli strati geologici delle pagine insieme con l'impronta di se stesso.
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