La pianista
Tragico, comico, humour nero sono i registri con cui Elfriede Jelinek scrive nel 1983 il suo più importante romanzo. Al centro della narrazione, il tormentato rapporto di forza, in un interno viennese, tra la non più giovane pianista e la tirannica madre, che trasformerà in catastrofe sadomasochista il tentativo di Erika Kohut di legarsi a un uomo.La ricerca spasmodica e frustrante della vita e di un'identità sessuale (fra autolesionismo e voyeurismo femminile) spinge Erika nei peep-show di periferia, nei cinema a luci rosse o dietro le fratte del Prater, prima di ricondurla a casa, sotto le lenzuola del letto matrimoniale che divide con la madre.E quando uno dei suoi allievi, Walter Klemmer, se ne innamorerà, Erika offrirà a lui, il "normale", uno scenario violento e autistico, secondo il ben frequentato schema padrone-schiavo.Con il suo linguaggio tagliente e impietoso e una scrittura coraggiosa, vivificata da continue, creative metafore, Elfriede Jelinek non indietreggia di fronte a nulla e nulla risparmia: né l'amore materno e le sue vane ambizioni, né il genere pornografico (che manipola e maschera), né i miti musical-culturali di Vienna, né le ipocrisie e false certezze della sua borghesia istruita e stupida.
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