La villa
Luogo riservato al riposo, allo svago, all'otium, ma anche simbolo di potere politico o economico, la villa riflette, nel corso dei secoli, i mutamenti del gusto e delle esigenze di chi la abita. La sua struttura architettonica e la posizione che occupa nel paesaggio risultano infatti, fin dall'antichità, intimamente correlate a precisi contesti culturali e segno tangibile di una volontà di affermazione e di dominio, anche visivo, dell'ambiemte circostante. Descriverne le forme significa dunque, in primo luogo, descrivere la abitudini e le esigenze dei propietari. Partendo da questi presupposti, Ackerman analizza i caratteri comuni e gli elementi specifici che, dall'epoca romana alle realizzazioni di Richard Lloyd Wright hanno caratterizzato questo tipo di edificio. Ne risulta un quadro complesso e contraddittorio: da una parte la molteplicità di forme che la villa ha assunto nel corso della storia, dall'altra l'impressione che l'ideologia sottesa alla vita di campagna sia rimasta sostanzialmente immutata dalle origini ai giorni nostri. Di qui la necessità di approfondire, anche attraverso esempi letterari, il senso della vita in villa, costantemente in bilico tra i piaceri della vita di campagna e le necessità imposte dall'agricoltura.L'indagine prende avvio da esempi romani, quali i Tusci e il Laurentinum di Plinio il Giovane, e prosegue poi analizzando le ville medicee, quelle palladiane, italiane prima e poi inglesi, e quindi gli esempi statunitensi di villa e giardino romantici; infine l'autore si sofferma sui tentativi opposti di Le Corbusier, impegnato a estraniare, idealmente e strutturalmente, l'edificio dalla natura, e di Wright, che nella celebre Casa sulla Cascata, in Pennsylvania, punta al raggiungimento di un'armonia simbiotica tra paesaggio e architettura.