Stanza 43. Un lapsus di Marcel Proust
Questo libro può essere considerato come il frammento di un lavoro che l'autore ha svolto negli ultimi dieci anni e che lo ha portato, quasi preterintenzionalmente, a esplorare i territori contigui dell'errore e della bugia. Tre principi - la cui matrice non è difficile da riconoscere - hanno guidato questa e le ulteriori ricognizioni che vedranno la luce successivamente:1) "Lavorare con piccoli indizi", raccogliendoli, classificandoli, accostandoli gli uni agli altri in modo da far emergere la soluzione quasi da sola, come "il pezzo mancante".2) "E' il percorso che conta, non il punto d'arrivo". Il lapsus di Proust è stato trovato all'inizio e, solo in un secondo tempo, è sorto il problema di come raggiungerlo. Il "giallo", se esiste, è inventato a ritroso, e chi lo ha scritto si è limitato a scoprirne, con pazienza, le possibili premesse. Il corso dell'indagine ha finito così per assumere un interesse preponderante nei confronti di un risultato già conseguito e a cui si è cercato, nondimeno, di riservare il valore di un piccolo "coup de théatre".3) "Un meccanismo perfetto non funziona": questo principio può essere esportato a quel particolare, metaforico meccanismo che è un testo letterario. Sulla sua superficie si possono riconoscere cicatrici e smagliature che mettono a nudo l'edificio della finzione: fanno parte, lo suggerisce lo stesso Proust, della grandezza di un libro. Il momento in cui un progetto, inseguito e accarezzato e predisposto con infinita minuzia, per migliaia e migliaia di pagine, si rompe, è un momento esemplare e dotato di una forte presa emotiva. Il libro ha cercato di fermarlo e di celebrarlo, esaltandone l'impatto drammatico.
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