Il popolo
Con scarsa perspicacia, una tribù di Indiani d'America sceglie un venditore e falegname ambulante ebreo come ambasciatore e poi come capo, riponendo in lui tutte le speranze di contatto e di dialogo con le autorità degli Stati Uniti. L'arrivo a Washington dello sfortunato Yozip, che somma in sè le disgrazie di due popoli perseguitati, suscita per lo più ilarità e disprezzo. Ma i Pellerossa del popolo non perdono la fiducia in lui, e lo seguono in una nuova terra promessa. Ciò che li lega è una profonda fratellanza, una simpatia di cui nè gli indiani, nè Yozip riescono a comprendere l'origine. Come racconta Robert Giroux nell'introduzione a questo volume(che contiene anche sedici racconti inediti dello scrittore americano), Malamud ebbe l'idea di costruire un romanzo così tragico e buffo, intorno a un personaggio così improbabile, ripensando a una barzelletta raccontata da un amico di famiglia negli anni quaranta. E Il popolo in effetti, lasciato incompiuto dall'autore al momento della morte, nella sua schematicità da canovaccio e nell'estrema economia dello stile, richiama a tratti la tradizione comica ebrea-americana, dai fratelli Marx a Woody Allen. Come lo Zelig di Allen, l'uomo-camaleonte che per ottenere stima e affetto riusciva a immedesimarsi perfettamente negli altri, così Yozip si tramuta in un quasi-pellerossa, con la malinconia però di non appartenere veramente al suo Popolo.