Capitan Fracassa
Théophile Gautier ideò Capitan Fracassa poco più che ventenne e con fervore tale da indurre l'editore parigino più alla moda ad annunciare l'uscita in tempi brevissimi. Il romanzo rimase invece confinato al titolo, e per lunghi anni fece parte dei vaghi progetti che ogni autore cova in sé. Nel 1857 per un momento lo riprese, ma senza andar oltre il capitolo iniziale: o, come egli s'espresse, limitandosi a parcheggiare il barone di Sigognac nel Castello della Fame. Vi tornò in via definitiva cinque anni dopo, dapprima pubblicandolo a puntate, quindi fisandolo durevolmente in volume nel 1863, l'anno del Déjeuner sur l'herbe di Manet. Il romanzo nasce dallo scoramento di Gautier dinanzi all'impoetica realtà quotidiana, fatta di febbrile attività giornalistica della quale il giorno dopo nulla resta, e cerca nella sbalorditiva ricchezza linguistica e nella minuzia descrittiva (rispetto alle quali la trama è secondaria) una forma indistruttibile. Non meno pregnante è però il rimpianto dei "bei giorni del romanticismo", quando egli col suo leggendario gilet rosso capeggiava la claque di Hugo alla prima di Hernani. In quest'ottica, l'epilogo del romanzo non avrebbe dovuto essere quello che si legge, e che gli fu estorto dalla famiglia e dall'editore, ma un desolato ritorno di Sigognac al proprio maniero e una morte solitaria preceduta dalla scomparsa delle uniche creature amanti e amate: il servo Pierre e le tre fide bestie.
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