Lettere 1845-1886
Accattivanti e tenere, sensuali e disperate, le lettere che Emily Dickinson, prima ragazza e poi donna, ci ha lasciato, sono le tessere luminescenti e screziate con cui è possibile oggi tentare di ricostruire il mosaico della sua esistenza e della sua figura. Rappresentazione resa finora incerta da una sorta di vocazione alla solitudine, una specie di solipsismo congenito e apparente che fece di lei, negli annni in cui visse, a margine del Rinascimento americano - dinamico, solare, aperto -, una figura di eccezionale, insospettata statura. Non a caso la cifra della sua persona pubblica e quella della sua scoperta timida e tardiva neglia anni '90 a oggi, per quasi un secolo, la critica si è interrogata. Chi si celava dietro quell'esistenza e quella scrittura ombreggiata dal sospetto di eccentricità eccessiva, così miticamente dissonante nei confronti del mondo che la circondava? La stessa vocazione alla riservatezza e al silenzio - che per paradosso la scrittura epistolare regolarmente infrangeva - fece di Emily Dickinson, più tardi in pieno Novecento quando la sua produzione poetica ed epistolare vide le stampe, la figura-simbolo della donna forte, colta, moderna e disperatamente sola. O volutamente tale.Eppure seducente, allusiva, maliziosa. Ed è il mistero di quella duplice personalità, l'incertezza del sogno che di se stessa traccia, ora volutamente naif e infantile, ora assertivo e ammiccante, che questo epistolario cerca oggi di ri-raccontare e disegnare, tracciando oltre al profilo della più grande poetessa dell'Ottocento, i lineamenti di coloro che abitarono le sue lettere e la sua solitaria esistenza.