Tragedia dell'infanzia
Più che protostoria dell'individuo, l'infanzia è in questo libro il tempo privilegiato dell'esperienza e della conoscenza: un'esperienza e una conoscenza che, proprio perchè immediate e autentiche, solo per intermittenti, luminosi istanti significano felicità, e assai più spesso sono invece dolore, "tragedia". Una sorta di cospirazione unisce infatti contro il bambino la generalità degli adulti, gelosi della sua limpida percezione delle cose e del mondo. Prigionieri delle convenzioni di una vita e di un linguaggio artefatti, i "grandi" parlano un loro incomprensibile idioma, caratterizzato da una sorta di sentenziosità tautologica. Inutile sollecitare delle spiegazioni: ottenute queste, non resta al bambino che chiedere "la spiegazione della spiegazione". Meglio allora desistere e subire. Accade così che l'inumanità degli adulti estingua o soffochi le splendide creazioni dell'immaginazione infantile, e che la vita stessa dei bambini sia costretta dentro gli angusti binari della razionalità e del buon senso. Sulle orme di Cyrano, Savinio sembra invece auspicare l'avvento di un regno in cui, capovolti i rapporti e i valori, i "Grandi" obbediscano ai "Piccoli". Il quadro della vicenda e delle emozioni è quello che ha come protagonista Nivasio Dolcemare: una variopinta "belle epoque" balcanica, una Grecia cosmopolita su cui indugiano le ombre degli antichi dèi...
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