Poesie
"Per anni e anni ho scritto e stracciato poesie, vergognandomi di scriverne. Il mio mestiere di slavista, la mia etichetta depositata mi relegavano sempre in una precisa dimensione, in un ranch, da cui m'era rigorosamente vietato di evadere". Eppure la vocazione lirica di Ripellino, non appagata di splendere nel "saggio in forma di ballata" o in libro-poema come Praga magica, finisce per esigere un proprio spazio autonomo. Questa antologia ripercorre l'intera stagione delle sei raccolte, sporgendosi, con alcuni inediti, su quanto sopravvive del fervore che la preparò e sugli ultimi versi. Il mondo vi esplode in una reverie di candele, violini, treni e meteore, lontananze geografiche, spettacoli, armadi, stupide pagine di natura. Ripellino ha inteso presentarsi con pathos e con indirizzo in un tempo di secche registrazioni, e non celare la propria inermità, le corde del proprio dolore". Ma, sebbene sempre percorsa dal timore del nulla e dal dolore (per le violenze della malattia come per quelle dell'invasione cecoslovacca), questa poesia ha per centro la gioia, chiamata a ferire il grigiore balenando nelle fantasmagorie verbali, nello sfarzo di immagini. "L'esercizio della poesia è una prova di resistenza alle asperità quotidiane e all'indifferenza degli uomini (...) Scriver poesie nell'assedio in cui siamo invischiati vuol dire caparbietà di non soccombere agli sfaceli, di sopravvivere, tenendo a distanza con la magia del Belcanto, con la pienezza polposa delle parole, con gli esorcismi delle paronomasie e delle assonanze la Morte".