La tentazione di sant'Antonio
Giunto a Genova con la sua famiglia nel 1845, Flaubert rimane colpito, a palazzo Balbi, da un quadro di Breughel che rappresenta la "tentazione di sant'Antonio". Impressionato da quell'immagine grottesca, e a prima vista confusa, ne descriverà immediatamente i dettagli nei suoi taccuini. Da allora l'idea di dedicare un'opera teatrale al monaco della Tebaide non lo abbandonerà più. Anzi, per tutta la vita tornerà su quel progetto come un'ossessione. Il primo abbozzo risale al 1847, ma solo venticinque anni dopo, alla terza stesura, l'autore ne sarà pienamente soddisfatto e nel '74 ne autorizzerà la pubblicazione.Misurandosi con la tradizione pittorica medievale e rinascimentale, che evoca la figura del santo in preda ai fantasmi dei peccati capitali, Flaubert si propone, attraverso il tormento del protagonista, di mettere in scena l'uomo e le sue passioni, il sogno assurdo e tragico della vita, colto nella solitudine e nel volontariato isolamento dell'eremita egiziano.Così Paul Valéry spiegò la sua ammirazine per La tentazine, che dichiarava di preferire persino a Madame Bovary e a Salammbo: "Di che si tratta? Nientemeno che figurarsi ciò che si potrebbe definire la fisiologia della tentazione... Il Diavolo! è la natura stessa, e la tentazione è la condizione più evidente, più costante, più inattuabile di tutta la vita. Vivere è ad ogni istante mancare di qualche cosa..."La traduzione di Agostino Richelmy restituisce al lettore italiano la forza allucinata e delirante del dialogo e l'allegorica visionarietà del dettato, così unico nell'ambito della produzione flaubertiana.
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