Il miracolo di santa Odilia
Di quale misterioso prodigio fu capace Odilia, badessa di un convento monferrino del Medioevo! Il miracolo avvenne, ma chi ne fu l'artefice? Attenta e parsimoniosa, ligia ai doveri del culto ed esemplare nel tenersi lontana dal richiamo del mondo, la prima Odilia viene sostituita, alla sua morte, da una giovane e bella nipote, sua omonima, nella reggenza del convento. in un continuo dialogo a distanza con l'esempio ineccepibile della zia, la vita monastica della giovane si svolge con un ritmo essenzialmente umano. Narrata con agilità e ironia, la storia della seconda Odilia si dipana attraverso un sentimento di malinconia solo qua e là espresso, ma viene segnata soprattutto dall'affermazione della sua operosa vitalità. Il convento diviene, così, da luogo di trascendenza teatro di una variopinta giostra di umanità, tra innocenza e malizia, tra richiamo superiore e divertita infrazione alle regole, senza mai sconfinare in accenti boccaceschi. In uno sfondo che, per definizione, imporrebbe sobrietà e continenza, entrano ed escono un sognante cavaliere tornato deluso dalla crociata, un vescovo filosofo e bonario, una vecchia suora brontolona e lunatica, ser Francesco e il suo garzone, un malcapitato flagellante, un'allegra frotta di bambini. Ma soprattutto campeggiano nel romanzo numerose comparse di bestiario e i erbario ben lungi dal simboleggiare, come vorrebbe la tradizione medievale, esempi di vizi e di celestiali virtù. semmai nel convento si insinuano sorprendentemente molti elementi dell'immaginario profano, come la dinamica cortese dell'innamoramento. Con la levità delle miniature, il racconto si svolge attraverso una catena di brevi scene perfettamente conchiuse da una cornice nella quale la solennità del miracolo si compie in un'atmosfera vagamente ambigua.
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