Nomadland. Un racconto d'inchiesta
Venticinquemila chilometri in tre anni, costellati di incontri indimenticabili: dai campi di barbabietola gelati del North Dakota ai campeggi della National Forest in California, passando per il CamperForce di Amazon in Kentucky, Jessica Bruder ha percorso in lungo e in largo gli Stati Uniti seguendo i nuovi nomadi: uomini e donne spesso in età da pensione che, nel Paese più ricco del mondo, sono stati costretti a scegliere tra l'affitto e la cena. Abbandonata la vita sedentaria, privi di qualsiasi sicurezza, in viaggio sui mezzi più vari, vagano da un luogo all'altro, da un lavoro (precario) all'altro. Mettendo a nudo il lato oscuro dell'economia americana, Bruder racconta le storie di questi nuovi hoboes che ricordano i personaggi di London e di Steinbeck, le loro aspirazioni e le loro scelte di persone che stanno «sopravvivendo all'America». Di più, stanno coltivando la speranza, un «barlume di utopia» sul quale costruire una nazione – e una società globale – più solidale, più giusta, più umana. Nato dall'inchiesta giornalistica La fine della pensione: quando non puoi permetterti di smettere di lavorare , che ha vinto nel 2015 il premio Aronson per il giornalismo sulla giustizia sociale, Nomadland ha ispirato l'omonimo film di Chloé Zhao con Frances McDormand, Leone d'Oro a Venezia nel 2020 e vincitore tra gli altri di tre Oscar, due Golden Globe, quattro Bafta.