La cattiva abitudine
Non è facile abitare il corpo sbagliato. Nascere maschio e sentirsi femmina. Soprattutto se sei nata e cresciuta negli anni Ottanta, nel quartiere operaio di San Blas, alla periferia di Madrid: un luogo devastato da eroina, miseria e violenza. La protagonista di questo romanzo capisce fin da piccola che l'universo degli uomini non le appartiene: spinta dalla società verso i loro codici e comportamenti, da cui si sente ogni volta più estranea, è invece attratta irrimediabilmente dal mondo delle donne e alla loro comunità sogna segretamente di appartenere, mentre, chiusa nel bagno, prova di nascosto trucchi e vestiti, schiacciata dalla paura e dall'incapacità di accettarsi. Per lei, ragazza trans in un mondo che non sembra nemmeno capace di immaginare altri modi di vivere la propria identità, l'unico rifugio diventano una serie di personaggi sghembi ed emarginati, soli come lei, ma disperatamente veri. C'è María la Parrucca, dai capelli sintetici e il trucco irregolare, che tutti temono come fosse una strega ma che, a sorpresa, la avvicina e, con calma severa, le insegna a non balbettare; Margarita, la prima donna trans in cui si riconosce, vestaglia rosa, pantofole e il volto devastato dal silicone; Eugenia la Moretta, un groviglio di tenerezza e cicatrici al posto del cuore, che lavora come prostituta indossando stivali rattoppati qua e là con il nastro adesivo. E, sullo sfondo, Madrid: le strade da percorrere al buio, nella notte, e i bar di Chueca, dove incontrare chi non ha paura della propria diversità. Accompagnata da queste donne fuori dal comune, che la affiancano nella sua personale odissea, si mette in viaggio alla ricerca della propria identità, per combattere la paura e la violenza che la minacciano a ogni passo e imparare a esistere seguendo i propri desideri, a testa alta.