La città che siamo diventati
Manhattan: uno studente si accorge di non ricordare chi è, da dove viene e persino come si chiama. Riesce però a sentire il cuore pulsante della città.Bronx: la direttrice di una galleria d'arte scopre strani graffiti sparsi per la città, così belli e intensi che sembrano parlarle.Brooklyn: una madre single capisce di poter udire il canto della città, che segue il ritmo dei suoi tacchi Louboutin.La città è viva, e sta chiamando.COME COMINCIACanto la città.Città del cazzo. Sono sul tetto di un edificio in cui non vivo e allargo le braccia e contraggo l'ombelico e ululo idiozie al cantiere che mi blocca la vista. In realtà canto al panorama della città che non si vede. La città lo capirà.È l'alba. Sento i jeans appiccicosi per l'umido, o forse è perché non li lavo da settimane. Ce li ho i soldi per la lavanderia a gettoni, ma non un paio di pantaloni di riserva da mettere mentre vengono pronti. Magari li spenderò per altri pantaloni al Goodwill in fondo alla strada, allora... ma non subito. Prima devo lanciare il mio AAAAaaaaAAAAaaaa (respiro) aaaaAAAAaaaaaa e ascoltare l'eco che ritorna da ogni facciata di ogni edificio intorno a me. Nella mia testa c'è un'orchestra che suona l'Inno alla gioia con un ritmo da Busta Rhymes. La mia voce li sta soltanto mettendo insieme.«Chiudi quella cazzo di bocca!» grida qualcuno, così faccio un inchino e mi ritiro dalla scena.Ho già la mano sulla maniglia della porta sul tetto, ma mi volto con la fronte aggrottata e resto in ascolto, perché per un momento sento qualcosa di remoto e intimo allo stesso tempo che canta in risposta, con la profondità di un basso. Timido, direi.E da ancora più lontano mi arriva qualcos'altro: un ringhio dissonante che cresce. O forse sono i latrati delle sirene della polizia? Niente che mi piaccia, comunque. Me ne vado.