Fummo giovani soltanto allora. La vita spericolata del giovane Montanelli

Fummo giovani soltanto allora. La vita spericolata del giovane Montanelli

In questa biografia di Indro Montanelli potente e suggestiva, Salvatore Merlo ha deciso di applicare alla storiografia la tecnica della letteratura, ed è riuscito nella difficile impresa di comporre un romanzo di formazione, cinematografico, movimentato, in cui il protagonista, imbevuto di letture e fantasie risorgimentali, si muove all'interno della Grande Storia, ci sbatte dentro, con incoscienza e ironia, con coraggio e infantilismo, a volte con iattanza, ma con un romantico gusto ottocentesco per l'avventura. Dall'esperienza coloniale (come volontario) in Africa Orientale alle corrispondenze di guerra per il "Corriere della Sera", dalle amicizie, non prive di scintille e contrasti, con Dino Buzzati, Curzio Malaparte, Galeazzo Ciano, ma soprattutto Leo Longanesi, fino al progressivo e tormentato distacco da Mussolini e dal regime, la prigionia a San Vittore e la fuga rocambolesca in Svizzera, Indro Montanelli ha condotto il suo lungo viaggio attraverso il fascismo (e la giovinezza) dimenandosi con la violenza e la voluttà di chi ce l'ha nel sangue di rompere e scuotere via ogni ceppo e catena. Il papà mazziniano lo voleva diplomatico, la mamma cattolica lo esortava all'autocontrollo, mentre il Regime e lo Stato volevano scandirgli l'esistenza e la giornata. Ma per lui la vita era una camera delle meraviglie, un teatro verso il quale bastava allungare un braccio per cogliere un'occasione. Fummo giovani soltanto allora ripercorre i tanti e avventurosi episodi che hanno costellato la giovinezza di Montanelli, così immersa nell'atmosfera culturale e politica della sua epoca da tramutarsi nell'affresco di un'intera generazione: quella dei tanti giovani italiani che il fascismo lo trovarono già nato e cresciuto, che vissero le contraddizioni di un secolo, il Novecento, ribollente e drammatico, contrassegnato da tensioni ideali violente e smodate, ma anche da furbo opportunismo e cinica realpolitik. Ma come ci ricorda l'autore in una delle tante pagine felici di questo libro, il Montanelli degli anni Trenta e Quaranta non è ancora il Montanelli stecca nel coro unanime del dopoguerra, «non è ancora l'italiano che si sente sempre altrove, sempre contro, sempre fuori, e che afferma il suo impegno civile sotto la specie di un affetto ombroso e sarcastico per l'Italia alle vongole. Indro viveva ancora, malgrado l'altalena degli umori, di passioni faziose, da italiano appunto». Nel tornare con il ricordo ai tempi della sua giovinezza, il vecchio giornalista era solito abbandonare la zavorra, ormai pesante e inutile, della spiegazione autoindulgente per mettersi in ascolto di se stesso e rispondere: "Sono i miei vent'anni, i miei stupidi e bellissimi vent'anni." E non li posso rinnegare».
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