La rancura
Rancura. La parola rocciosa, ruvida, restia a dichiararsi è usata da Montale per descrivere il sentimento che ogni figlio prova, in forme diverse, nei confronti del padre, per misurarsi con lui, per comprenderlo, per raccoglierne l'eredità spesso scomoda. E in questa prospettiva umana, lungo quasi un secolo di storia italiana, dal fascismo a oggi, che tre generazioni di padri e di figli attraversano le pagine del romanzo di Romano Luperini. Tre protagonisti. Il padre è Luigi Lupi, maestro elementare e figlio di contadini, che dopo l'8 settembre combatte in Istria alla guida di una formazione partigiana, vivendo i giorni più nitidi ed eroici della propria esistenza, in una zona di confine segnata dapprima dai crimini di guerra dei generali italiani e poi dall'odio antitaliano e dalle foibe. Il figlio è Valerio, docente universitario e militante comunista che partecipa al Sessantotto e al tentativo di creare in Italia un partito rivoluzionario negli anni di piombo. Il figlio del figlio, Marcello, è un quarantenne che da Londra torna in Italia negli anni di Berlusconi e del "Grande fratello" per vendere la casa paterna nella campagna toscana. In questa casa trova un diario del padre e, in esso, emozioni, fragilità e desideri insospettabili. In questo romanzo i figli scoprono – a volte con sgomento, a volte con fastidio – tracce impreviste dei genitori (foto, appunti, lettere, diari, somiglianze fisiche) che provocano in loro reazioni di sfida, di ammirazione, di nostalgia o di odio, ma comunque un impulso a meglio conoscerli. Perché, per quanto incolmabili siano le distanze e forti i segni di disillusione e disimpegno che marcano il mondo presente, a resistere nel passaggio delle generazioni è la volontà di comprendere, di cercare un qualche senso della vita, di raccontare la propria versione dei fatti. È quanto Romano Luperini fa in questo grande "romanzo-bilancio", con una scrittura asciutta e nervosa nel memoriale bellico, venata di lirismo nella descrizione dei paesaggi toscani, serrata eppure lacerata da scorci improvvisi e inquietanti nella messa in scena delle contraddizioni e del disincanto di questi rancorosi eroi (o, forse meglio, antieroi) della contemporaneità.