Le montagne ghiacciate di Kolyma
Uno scienziato morente, imprigionato in un laboratorio sovietico perduto in un'immensa e desolatissima Siberia, fa pervenire un disperato messaggio in codice a Johnny Porter, indigeno canadese del popolo Gitskan, erudito, scienziato e profondo conoscitore dei dialetti siberiani: lo supplica di raggiungerlo in segreto, a tutti i costi, lui, lui solo. E Porter, agente dei servizi segreti americani, accetta la sfida; compie un viaggio impensabile, rischia la vita per un segreto cifrato e poi tenta la più grande fuga di tutti i tempi, quasi impossibile. Andata e ritorno perciò, non diversamente da tanti altri romanzi. Ma pochi sono gli scrittori che, come Davidson, riescono a incastrare i dettagli nella storia con tanta intelligenza, passione e necessità. Basta leggere di come Porter riesce a infiltrarsi su una nave giapponese sostituendosi a un marinaio coreano - la sua bravura nel parlare esattamente quel particolare dialetto coreano, la sua capacità di imparare a memoria le mappe della nave, come si sostituisce in modo perfettamente plausibile, invisibilmente, al marinaio di cui prende il posto e di come, infine, si procura i documenti e i falsi permessi senza lasciare tracce, senza che nessuno si accorga di nulla... E ancora di come Porter si procura il mezzo per percorrere le migliaia di chilometri della fuga. Una jeep che si costruisce da solo in una caverna di ghiaccio a 50 gradi sotto zero, nella desertica regione di Kolyma, lavorando giorno e notte e rischiando di morire.