Ti parlo da una vita. Donne che non hanno creduto al silenzio di chi non c'è più
Un viaggio che parte da una ferita (la morte di una donna) e ne incontra altre. Quelle di donne (forti, lucide, disperatamente tenaci) che cercano, seguono, evocano le tracce di chi non c'è più. Osano avvicinarsi al limite che separa i vivi dai morti per trovare il luogo di un incontro possibile. Sono storie (annodate a quella, tutta diversa, di chi scrive) che raccontano la sopravvivenza dell'amore. E quella, ancora più umana, delle parole. C'è la storia di Gemma, che ritrova la voce del figlio perduto, dopo mesi passati a gridare il suo nome a un vecchio registratore. E c'è quella di Edda che nella voce del figlio inciampa, perché è lui a continuare a chiamarla, è lui che vuole dirle dov'è. Poi c'è Carla, che ha perso una figlia nel terremoto dell'Aquila, e adesso crede, spera, di averla di nuovo con sé: quando la vede seduta accanto al letto, quando parla con lei. C'è Marta, che riceve ogni anno una rosa dal figlio che non c'è più e che le racconta, a suo modo, l'esistenza di un aldilà così umano da sembrare terreno, e dunque comprensibile, vicino e bellissimo. E poi c'è la donna che un figlio, quel figlio, non ha voluto metterlo al mondo. Ma non ha mai smesso di cercarlo, e lo ritrova in un piccolo paradiso, o forse soltanto dentro di sé. Donne che credono nella sopravvivenza per sopravvivere, che piegano il dolore alla speranza.