Casa di rieducazione
Con la beffarda, elegante noncuranza del suo stile, Valentino Zeichen riesce una volta di più a spiazzare il lettore. Il quale ben conosce il valore e il carattere inconfondibile della sua fantasia sbrigliata, del suo colorito estro ironico, ma forse si troverà sorpreso, nei versi di questa "Casa di rieducazione", dai momenti non rari in cui il tono del poeta sembra farsi decisamente assorto, meditativo, pur senza mai rinunciare all'acutezza delle sue uscite. In questa nuova raccolta Zeichen conferma la vastità multiforme e imprevedibile dei suoi interessi, la vivacità di passeggiatore e osservatore spregiudicato del mondo, capace di gentili invettive come di velenose dediche. Ma il lettore rimarrà colpito, non di meno, dalle frequenti fenditure di sinistra cupezza che segnano il percorso di questo libro, fatto come un diario in cui le occasioni si giustappongono legate da un filo sotterraneo inquieto, che è nel senso dello scorrere e sbriciolarsi degli anni, e dell'umano, progressivo perdersi. Zeichen ci parla di realtà in apparenza opposte, dall'arte alla finanza (il cui mondo, dice, è divenuto "virtuale come quello delle fate"), va dal "poetico" al vistosamente "impoetico", si insinua nello squallore quotidiano e nella morchia dell'esistere, ma non trascura certo la bellezza incomparabile di Roma o della campagna laziale. Eppure, sempre più si manifesta, nel caleidoscopio delle sue innumerevoli figure, un senso di morte circolante.
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