Happy Family
Due famiglie milanesi organizzano una cena perché i loro figli vogliono sposarsi. Tutto normale se non fosse che: i figli hanno quindici anni; il padre della "sposa" è un irriducibile fumatore di spinelli; quello dello "sposo" ha appena scoperto di avere un cancro; le madri fanno a gara a chi colleziona più nevrosi; la nonna soffre di un esilarante Alzheimer. Tutto normale dunque, se non fosse che in questa cena finisce pure, per caso, anzi per incidente, il narratore della storia, un ragazzo apatico e cinico che campa grazie alle royalty dell'invenzione del padre: la pallina da lavatrice. E ovviamente si innamora della sorellastra dello sposo, pianista affascinante ma insicura, ossessionata dalla paura di puzzare. Tutto normale se non fosse che a un certo punto i personaggi si ribellano al suo creatore, chiedendo più spazio nella storia, un ruolo più prestigioso, un finale degno. Non è un caso che questo romanzo sia diventato uno spettacolo teatrale che da anni fa spellare le mani dagli applausi, e uscire col sorriso dalla sala, il pubblico di tutta Italia. Non è un caso che abbia stregato il premio oscar Gabriele Salvatores tanto da ispirargli il suo film. Perché uno legge queste pagine un po' insolite, questa storia alla Woody Allen però ambientata a Milano, e si consola con il fatto che esista ancora un modo originale per parlare d'amore e di paura, e che si possa ridere con sana intelligenza.
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