Elogio della pazienza. Perché la lentezza fa bene alla democrazia
"Parola d'ordine, innovazione. A furia di ripeterla da ogni pulpito, in ogni contrada, a ogni incrocio, la politica italiana da qualche tempo si illude di non pagare dazio per i propri ritardi, e per i ritardi del paese. Di più. Si convince che il suo dovere sia tutto nel cambiamento, e che se solo fosse capace di adempiervi velocemente vivremmo davvero nel migliore dei mondi possibili. Il credo politico collettivo che va per la maggiore afferma, o almeno sottintende, due cose. La prima è che il nuovo vale più del vecchio. La seconda è che il passaggio dal vecchio al nuovo dev'essere il più rapido possibile. La politica è chiamata a essere soprattutto veloce, dinamica, all'occorrenza frenetica. Di questi tempi la sua cifra è la fretta, il suo stato d'animo è l'ansia. E invece no. La politica ha bisogno di tempo. E lenta. E la democrazia - che è fatta di tante voci, tanti interessi, tanti conflitti - è particolarmente lenta. Cammina piano, non procede a passo di carica. Riflette, non improvvisa. Elabora. Cerca di convincere, non di incalzare, tanto meno di travolgere. Il suo ritmo è quello di milioni di persone che si muovono assieme, più che quello di corridori solitari che inseguono il primato. In una parola, la politica è un ballo lento."
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