La lunga marcia. 1934-1936: la nascita della Cina moderna
Nel 1934 il Partito comunista cinese si trovò in una situazione assai critica: mentre sul paese incombeva la minaccia del Giappone imperiale e militarista, che aveva già occupato tre province, le forze del generale nazionalista Chiang Kai-shek strinsero i 200.000 soldati dell'Armata rossa in un'implacabile morsa per annientarli. A quel punto rimaneva loro un'unica via di scampo: dirigersi là dove nessuno avrebbe potuto stanarli, attraversando montagne impervie, fiumi impetuosi e sconfinate distese di praterie e paludi. Dopo una marcia di oltre 12.000 chilometri, a prezzo di immensi sacrifici e dando prova di grande coraggio, nel 1936 la I, la II e la IV Armata dell'esercito comunista si ricongiunsero finalmente sull'Altopiano Giallo, nella Cina nordoccidentale. Al traguardo arrivò solo un quinto di coloro che erano partiti, e fu proprio questo ristretto gruppo di uomini che, in più di un decennio, passò al contrattacco, sconfisse i nazionalisti e gettò le basi della Repubblica popolare cinese. Così, quella che, da un punto di vista militare, era stata una ritirata, per quanto eroica, fu ribattezzata dai vincitori con l'altisonante nome di "Lunga marcia" e divenne il mito fondatore della Cina comunista. Grazie alla sapiente propaganda di regime orchestrata da Mao, l'impresa venne circondata da un'aura di leggenda, immortalata da film e opere musicali, e di conseguenza un pesante velo di silenzio cadde su molti aspetti problematici che avrebbero potuto offuscarne l'immagine idealizzata: il terribile tributo pagato alla fame e alle malattie, il triste destino delle donne che vi parteciparono, l'enorme numero di diserzioni, la spietatezza delle purghe, le morti inutili. Settant'anni dopo, Sun Shuyun ha ripercorso l'itinerario di allora, in territori rimasti pressoché immutati, per farsi raccontare dai protagonisti e testimoni superstiti come andarono effettivamente le cose. In questa ardua e laboriosa ricerca, forse l'ostacolo maggiore è stato il dover mettere in discussione l'epopea della Lunga marcia così come è stata inculcata in ogni cinese fin dall'infanzia, il che ha spinto l'autrice a porsi degli interrogativi e a cercare delle risposte. Furono davvero gli ideali comunisti che indussero gli operai e i contadini poveri ad arruolarsi nell'Armata rossa? In che modo riuscirono a procurarsi cibo, armi e medicine per sopravvivere lungo il percorso? Cosa ne fu di tutti coloro che non giunsero alla meta? Mao era proprio il grande stratega che non ha mai perso una battaglia? "La Lunga marcia" porta alla luce per la prima volta la difficile verità di un evento epico della storia cinese attraverso la voce degli ex combattenti, di cui rivela la fede e la speranza, ma anche le amare disillusioni. Per molti di loro, infatti, la felice conclusione di quel viaggio non significò la fine delle sofferenze, ma solo un momento di tregua nel lungo calvario che avrebbero vissuto nei decenni successivi.