L'ombra nera. Le stragi nazifasciste che non ricordiamo più
Nel 1943-45 le truppe di occupazione germaniche e le variegate forze armate della Repubblica di Salò si rendono responsabili di crimini efferati, che portano all'eliminazione di oltre diecimila civili, alla cattura e deportazione di più di settemila ebrei, all'uccisione di migliaia di partigiani nei combattimenti, senza contare le centinaia di paesi incendiati e le razzie d'ogni genere. In quei tragici venti mesi vennero massacrati dai tedeschi e dai "repubblichini" non solo partigiani e prigionieri di guerra, ma anche gente comune, vecchi, donne, bambini con furia razzista e vendicativa. Perché parlare, nel 2007, a oltre sessant'anni da quegli avvenimenti, delle stragi avvenute in quel triste biennio? Perché la memoria del periodo fondante dell'Italia democratica, lungi dall'essere condivisa, risulta ancora oggi controversa, tra esaltazioni e demonizzazioni, tra silenzi e rimozioni di segno opposto. Negli ultimi tempi si è molto parlato della "resa dei conti" della primavera 1945, condotta con esecuzioni sommarie e improvvisati "tribunali del popolo", ed è stato un contributo necessario per svelare i silenzi della storiografia resistenziale. Ma che cosa c'è stato prima di quegli eventi? Che cosa li ha resi possibili? In quale atmosfera morale e psicologica si sono sviluppati? Ripercorrendo le pagine più dolorose della storia nazionale, Gianni Oliva ricostruisce la logica degli eccidi nazifascisti, analizza gli apparati repressivi dell'amministrazione militare tedesca e della Repubblica sociale, si sofferma sulle vicende meno note della Banda Koch, della Banda Carità, dell'Ispettorato speciale di Pubblica sicurezza della Venezia Giulia, racconta le stragi delle Fosse Ardeatine, di Sant'Anna di Stazzema, di Marzabotto. E poco alla volta prende forma il quadro esasperato di un territorio attraversato dal furore della guerra tradizionale e dall'orrore della guerra civile. Il capitolo finale su Piazzale Loreto ricollega il "prima" con il "dopo" 25 aprile, proponendo una nuova prospettiva di interpretazione: il "sangue dei vinti" e il "sangue dei vincitori" non si giustificano l'uno con l'altro, ma si spiegano nel terribile intreccio di violenze e di rabbie che stritola il Paese. Il "dicibile" e l"indicibile" della storia si possono così coniugare in un quadro d'insieme, che è consapevolezza sofferta del passato e delle sue contraddizioni.
Momentaneamente non ordinabile