Contratto di schiavitù
Vita ha quasi diciassette anni, lavora gratis in un bar ed è legata al suo Padrone da un "contratto di schiavitù". Ma la schiavitù narrata in questo romanzo è solo in apparenza quella del mondo del lavoro, perché nelle sue pagine corrosive, divertenti, sboccate e incredibilmente profonde la schiavitù è soprattutto una dinamica mentale che, come in un gioco di specchi, finisce per coinvolgere tutti i personaggi che si trovano a transitare nel "non luogo", o "luogo comune", per eccellenza: il bar. Attraverso gli occhi candidi e feroci di Vita vediamo così sfilare su questo palcoscenico una straordinaria, corrotta umanità composta da figure che in un modo o nell'altro - per amore, per colpa, per avidità o debolezza o persino per puro piacere - si ritrovano tutte a svolgere il ruolo di vittime o di carnefici. C'è Fre, il trentenne che vuole fare un film; l'Infermiere, che ha una vera e propria passione per la carne; Tom, il ragazzino spacciatore, che preferisce il computer alla sua ragazza; il Centauro, ossessionato dalla vita monastica e dal vino. E poi ancora Dick il cameriere, la ottantenne palestrata, l'ispettrice Reversi, e infine Ella, la "maestra di vita". Quello che in fondo tutti sembrano cercare è solo un modo per essere liberi, un modo per sfuggire al proprio personale "contratto di schiavitù". Ma si può davvero essere liberi? E liberi da cosa, poi? Dalle gabbie nelle quali ci chiudono gli altri oppure da noi stessi? Attraverso la lente chirurgicamente precisa e sorprendente del rapporto sado-masochistico, Tatiana Carelli mette a nudo in modo drammatico eppure esilarante una verità esistenziale per molti ancora inconfessabile: la schiavitù è qualcosa che tutti si portano dentro, un cuore di tenebra che batte in ciascuno di noi.
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