La chiamavano Bimba. Annamaria Franzoni nei racconti di chi l'ha conosciuta
Nei giorni successivi all'omicidio di Samuele Lorenzi fu subito chiaro che quello di Cogne non sarebbe stato un caso dal rapido epilogo. E dopo anni di indagini, perizie, testimonianze, accuse e processi, oggi sembra evidente che non ci troviamo più solo di fronte al dilemma su un pigiama o un paio di zoccoli indossati o no da un assassino inginocchiato sul letto, ma al mistero di una donna, di una mamma, che i familiari hanno sempre chiamato 'Bimba'. Se per il padre, il marito, gli amici di Annamaria Franzoni, 'Bimba' è semplicemente un soprannome affettuoso, per chi è invece certo della sua colpevolezza quel nomignolo può avere un significato più nascosto e diventare la conferma di un carattere immaturo, che ha sempre avuto bisogno di un sostegno per non crollare. Allora, è proprio intorno alla figura della Franzoni che Ilaria Cavo, con la pazienza e la meticolosità dei grandi inviati, ricostruisce uno dei casi più inquietanti e misteriosi degli ultimi anni. E lo fa incontrando e raccogliendo le testimonianze e i racconti di quanti hanno conosciuto davvero la mamma di Samuele. Così, nei ricordi del suocero Mario Lorenzi, nelle parole convinte del marito Stefano, nelle consulenze di chi, come il professor Ugo Fornari, ne ha tratteggiato un disturbo di personalità, oppure nelle perizie degli psichiatri che, al contrario, l'hanno ritenuta sana, capace di intendere e volere, si ricompongono i frammenti di una personalità che fino a oggi ci è apparsa indecifrabile. E allo stesso modo, gli aspetti più nascosti del suo carattere si svelano nei commenti delle amiche o dei medici che sono intervenuti la mattina dell'omicidio, negli sfoghi amareggiati di chi è stato ingiustamente accusato, nelle dichiarazioni e nelle riflessioni raccolte tra i protagonisti dei due processi, come Maddalena lannicella, una degli otto giurati della Corte d'Assise d'Appello di Torino. Ilaria Cavo ci restituisce il senso di un delitto dai molti volti, come molti sono i volti di chi, secondo due giudizi di condanna, lo ha commesso. E ci offre tutti gli strumenti per capire davvero un caso sul quale ognuno ha fatto le proprie ipotesi e ha pensato di trovare una propria verità.
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