Declino e crollo della monarchia in Italia. I Savoia al referendum del 2 giugno 1946
Sessant'anni fa l'Italia diventava una repubblica e il re Umberto II di Savoia si rifugiava in Portogallo, in un esilio da cui non sarebbe più tornato. Sul referendum che sancì il cambio di regime si è sempre molto discusso e alcuni storici hanno cercato di dimostrare che la vittoria della repubblica fu ottenuta con una gigantesca frode elettorale. Ma qual è la verità storica sugli ultimi giorni della monarchia in Italia? Perché il Consiglio dei ministri sottrasse a Umberto II i poteri di capo dello Stato e li conferì al presidente Alcide De Gasperi prima che la Corte di cassazione si pronunciasse sui brogli? È possibile che la nostra repubblica sia fondata su un referendum che avrebbe dovuto essere annullato? E chi è il legittimo successore di Umberto II? In questo libro, Aldo A. Mola rovescia molti luoghi comuni sulla monarchia italiana e sulla sua fine avvalendosi di numerosi documenti inediti (come alcune lettere del re in esilio al figlio Vittorio Emanuele), e ricostruisce il ruolo di Casa Savoia nella formazione dello Stato dal Risorgimento all'Unità, dalle imprese coloniali a Giolitti, alla prima guerra mondiale, fino all'avvento del fascismo, alle leggi razziali, al disastroso coinvolgimento nella seconda guerra mondiale e a quel fatidico 13 giugno 1946 in cui l'aereo di Umberto II lasciò la pista di Ciampino alla volta del Portogallo. Il sovrano partì da re, convinto di tornare presto, invece il 18 giugno venne proclamata la repubblica e il 23 ottobre 1947 l'Assemblea costituente lo condannò all'esilio perpetuo. In queste pagine l'autore risponde anche ad alcune delle domande fondamentali sulle origini travagliate del nostro ordinamento repubblicano. Senza mai perdere il distacco dello storico e grazie a un approfondito lavoro di archivio, analizza per la prima volta in dettaglio i verbali elettorali originali, trovando innumerevoli buchi, voti dubbi, pasticci, errori e omissioni e giungendo a conclusioni sconvolgenti. La forma dello Stato fu decisa dalla Corte suprema di cassazione, che fissò il quorum sulla base dei soli voti validi, anziché dei votanti: se fosse stato calcolato sulla base dei votanti, come voleva la legge, il vantaggio della repubblica sarebbe crollato da 2 milioni a 250.000. È possibile considerare questo scarto sufficiente, vista la grande incertezza sui dati e l'impossibilità di controllare le schede, che - secondo il ministro della Giustizia Togliatti - erano "forse" state distrutte già pochi giorni dopo il voto? È su questo interrogativo che si fonda la nostra storia repubblicana.
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