Il cacciatore di nazisti. Vita di Simon Wiesenthal
"Non dimenticate i nostri assassini": fu questa la preghiera di 11 milioni di vittime dell'Olocausto che spinse Simon Wiesenthal, ebreo sopravvissuto ai campi di sterminio del Terzo Reich, a dedicare la propria vita alla caccia dei criminali nazisti sfuggiti al tribunale di Norimberga. Grazie a un infaticabile lavoro di indagine, e alla fitta rete di relazioni da lui intrecciate con istituzioni e governi di tutto il mondo, identificò e consegnò alla giustizia 1100 responsabili dell'attuazione del diabolico progetto hitleriano di "Soluzione finale". Se, fra le prede di Wiesenthal, il posto d'onore spetta senz'altro a Adolf Eichmann, catturato in Argentina dove viveva dal 1950 sotto falso nome, e poi processato e giustiziato a Gerusalemme, altrettanto rilevante è il lungo elenco di personaggi meno famosi, ma i cui nomi erano ben noti ai sopravvissuti. Come quello di Hermann Stangl, comandante dei lager di Sobibór e Treblinka, che quando morì, sei mesi dopo la condanna all'ergastolo, aveva scontato solo 18 secondi di prigione per ognuno dei suoi 900.000 omicidi. O del suo vice Gustav Wagner, insignito personalmente da Heinrich Himmler della Croce di ferro per l'"abilità nello sterminio", suicidatosi in Brasile mentre, a conclusione di un'estenuante battaglia burocratica, stava per essere estradato in Germania. Lo straordinario impegno di Wiesenthal, che gli valse numerose candidature al premio Nobel per la pace, la Légion d'honneur francese e la Presidential Medal of Freedom americana, non gli risparmiò tuttavia critiche e incomprensioni da parte di quanti, anche nel suo paese d'adozione, l'Austria, avrebbero preferito mettere una pietra sul passato. Alan Levy, che ha avuto lunghi e amichevoli colloqui con Wiesenthal, ne ricostruisce la storia pubblica e privata, quella nota di "persecutore dei carnefici" e di memoria storica dell'Olocausto, e quella - più intima e segreta - dell'uomo, senza tacere dei suoi errori e delle sue delusioni: per esempio, il tormentato e infruttuoso tentativo di portare alla sbarra Josef Mengele, l'"angelo della morte" di Auschwitz, sulla cui presunta fine continuò ostinatamente a nutrire dubbi. "Il cacciatore di nazisti", oltre a offrire toccanti e inedite testimonianze su eventi cruciali del XX secolo, getta nuova luce sulle motivazioni personali, anche le più controverse (desiderio di giustizia o sete di vendetta? ricerca della verità o volontà di trovare comunque un colpevole? dedizione alla causa o smania di protagonismo?), della coraggiosa impresa di Wiesenthal, una figura imponente - e, per molti, fin troppo ingombrante - di uno dei più tragici capitoli della seconda guerra mondiale rimasti incompiuti.
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