Donne informate sui fatti
"Sì praticamente sono stata io a trovare il corpo della donna nel fosso" racconta la bidella nella prima riga. E di lì, da quel prato non lontano dagli stabilimenti Fiat, ho scelto alla fine di far partire la freccia augurabilmente infilzante, fulminante di questo thriller torinese, trent'anni dopo "La donna della domenica". Parla la bidella ("sfasciata spiona"), e poi la disinibita barista col suo coniglio nero, e poi la cronista di Teleschifo (così chiama il suo canale) che si precipita nella notte verso le rane di Vercelli, e poi la carabiniera con l'occhio fisso su un vassoio di frutti di marmo in una candida villa del quartiere più elegante e malinconico di Torino... Otto donne, e ciascuna ha visto o sentito uno spicchio dei 'fatti' in questione, ciascuna porta al lettore ciò che sa, o crede di sapere, o non sa di sapere, o finge di non sapere. Otto voci, incalzanti, divaganti, intenerite, rabbiose, pietose, che si susseguono, si intrecciano, si smentiscono lungo quella freccia che il narratore ha scagliato a partire dal cadavere di una misteriosa ragazza, "Milena la bellissima, Milena la santa santissima" (dice qualcuno acidamente di lei). Misteriosa sul momento, perché dalla banca dati dell'Arma arriva in poche ore quanto serve all'inchiesta. Resta sospeso il perché: un truce delitto di malavita, forse, Una resa dei conti, una lezione. O forse un ingorgo più torbido, uno sbocco tortuosamente, crudelmente vendicativo a più alto e insospettabile livello. L'indagine? Avvincente. Il ritorno? Felicissimo, dice. (C.F.)
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