La rivoluzione in camicia nera. Dalle origini al 25 luglio 1943
Che cosa è stato il fascismo? Reazione o rivoluzione? In realtà, un fenomeno articolato e complesso, mutevole e contraddittorio. Contro il Regime autoritario edificato negli anni Venti dal nazionalista Alfredo Rocco, resiste e si sviluppa il fascismo delle origini, rivoluzionario e totalitario, ostile alla restaurazione da esso imposta. Sedotti dal potente mito della guerra come rivoluzione (mutuato dall'interventismo mussoliniano del 1914-15, dalle avanguardie politiche e artistiche, dall'anarcosindacalismo, dal fiumanesimo), i fascisti rivoluzionari - ex combattenti, squadristi, sindacalisti e giovani della generazione successiva - non apprezzano né l'esito governativo della 'marcia su Roma', giudicato un mediocre compromesso con il liberalismo conservatore, né il 'ritorno all'ordine' seguito al discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925. Approvano invece la fine dello Stato liberale e l'instaurazione della dittatura, ma si battono per trasformarla da autoritaria e conservatrice in totalitaria e rivoluzionaria: il loro scopo, seppellire la 'civiltà borghese' e fondare la 'nuova civiltà fascista', una sorta di 'terza via' alternativa tanto al liberalismo (e al capitalismo) quanto al comunismo. In questa essenziale componente del fascismo (non riducibile a un ribellismo sterile, ma in larga misura progettuale, vitale, proiettata nel futuro, e di conseguenza quanto mai pericolosa, al di là della buona fede di molti suoi aderenti) spicca la figura di Giuseppe Bottai, già 'ardito' e futurista, finissimo intellettuale e gerarca di primo piano, punto di riferimento significativo, negli anni Trenta, per la generazione cresciuta in camicia nera; la quale, tuttavia, appare ancor più stregata dal fascino magnetico del Duce, a cui attribuisce la sua stessa volontà rivoluzionaria. A torto o a ragione? Quale fu il ruolo di Mussolini in questa vicenda? Paolo Buchignani ricostruisce e analizza, per la prima volta in modo organico, la genesi del fascismo rivoluzionario (fascismo non atipico o eretico ma, al contrario, ortodosso, strenuo difensore e fedele custode dell'ideologia, dei miti, dei programmi di quello delle origini) e la sua ventennale battaglia, che si conclude con una sconfitta. Infatti la rivoluzione sociale non decolla, quella antropologica fallisce, il sogno della 'nuova civiltà' s'infrange ben presto sui fronti di guerra, travolto dalla disfatta militare subita in un conflitto (la seconda guerra mondiale) che avrebbe dovuto tradurlo in realtà. Un esito scontato? La trasformazione del fascismo in regime totalitario, realizzatasi progressivamente dalla metà degli anni Trenta, è stata un esperimento interrotto? E si può dire che il fascismo, figlio della prima guerra mondiale, sia stato ucciso dalla seconda? Domande, queste, che riaprono questioni tuttora irrisolte del nostro Novecento.
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