Generali. Controstoria dei vertici militari che fecero e disfecero l'Italia
La Marmora, Govone, Bixio, Persano, Cadorna, Graziani, Diaz, Badoglio: molti sono ancora celebrati sulle targhe di vie e piazze, altri li si può mestamente rintracciare nei verbali di procura. Eppure, nel secolo che va dalle guerre d'Indipendenza al secondo conflitto mondiale, i generali hanno contribuito in modo sostanziale a fare e a disfare l'Italia. Coraggiosi, arroganti, implacabili, incapaci, colti, mediocri, con la sciabola in pugno in prima linea o trincerati in poltrona, infaticabili affaticatori di soldati, imbattibili nello scaricare le sconfitte e nel restare a galla, profeti dell'accaduto, maniaci del presentimento: bisognerebbe ricorrere all'intero vocabolario dei pregi e dei difetti umani per narrarne le gesta. Tuttavia, non esiste una storia complessiva delle loro imprese, dei meccanismi con cui venivano selezionati, dell'ideologia che li muoveva. Quando guidarono i primi eserciti del Regno d'Italia erano nobili orgogliosi del mestiere della guerra. Poi, a poco a poco, con il crepuscolo dell'Ottocento, la piccola borghesia fece capitolare anche questa trincea con tenacia e carrierismo. Tutti, comunque, furono obbedientissimi al potere politico: monarchico, liberale, fascista. Che in cambio del loro braccio, utile soprattutto contro i nemici interni, dai briganti ai socialisti, li coprì di medaglie non sempre meritate e di scintillanti incarichi ministeriali, disposto a chiudere un occhio se alla fine si mostravano mediocri in tattica e strategia e perdevano le battaglie. Domenico Quirico ripercorre le vicende della classe dei generali italiani, sottolineandone la natura corporativa, pronta a mettere da parte le feroci lotte intestine per difendere i propri privilegi. Una storia di clan, di tribù, raccontata attraverso biografie esemplari: i 'piemontesi', onnipotenti fino alla seconda guerra mondiale; i 'garibaldini', che incarnavano il pericoloso mito della baionetta risolutrice; gli 'africani', che porteranno la qualifica di 'coloniale' come una macchia sulla divisa; i 'fascisti', che pur obbedendo ciecamente a Mussolini vollero sempre preservare la loro autonomia e alla fine, con l'unico golpe riuscito della storia d'Italia, lo fecero precipitare nella polvere. Un libro disincantato, che esplora un universo a parte, dove i nostri generali combatterono guerre troppo diverse da quelle dei loro soldati, tanto da sembrare un popolo estraneo che "la Storia per caso ha accampato a breve e sospettosa distanza".
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