Sì, no, Miami
La storia di Lisa inizia un mercoledì sera in discoteca: "Mi sono tirata al massimo: gonna maculata, orecchino marroncino di Swarovski, scarpe in vernice nera con tacchi a spillo di dodici centimetri, giacca nera di raso e, sotto, intimo rigorosamente nero, con il push up da rimorchio". Tutto normale, poi all'improvviso il blackout, la corsa in ospedale: "Mi aspettavo che, arrivati al pronto soccorso, mi curasse un dottore stile George Clooney in 'ER'. Si presenta invece un tipo alla Mr Bean!". L'apparente recupero, poi l'ictus che torna a colpire, il coma. E al risveglio, Lisa ripete sempre e solo: "Sì", "No", "Miami"; "perché a Miami c'ero andata l'estate del 2002 e sono stata così bene che non sarei più ritornata a casa". Le parole le escono come e quando vogliono, e anche certe parti del corpo sembrano propense all'anarchia: "La gamba è andata a bere uno spritz e il braccio a fare shopping". Leggendo "Cosmopolitan" fra una terapia e l'altra, sognando Cavalli mentre indossa pigiamoni "ammazza-desiderio", Lisa inizia la sua risalita verso la normalità; per tornare finalmente a camminare, a parlare e, soprattutto, a indossare di nuovo i tacchi a spillo. Col fuori programma di una tenera amicizia con Umberto Bossi, ricoverato nella sua stessa clinica, e una fugace e comica relazione con un paziente in carrozzina come lei. "Sì, no, Miami" è una testimonianza unica nel suo genere, la storia di una caduta tragica e di un recupero trionfale raccontata con un'ironia e una spontaneità eccezionali. Una prova di ottimismo sfrontato, di gioia di vivere prorompente, un'iniezione di coraggio e positività per tutti coloro che si trovano ad affrontare una situazione difficile. Ma anche, il che non guasta, un libro fresco, originale, divertente.
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