Carnefici e vittime. I crimini del Pci in Unione Sovietica
Nei sogni dei comunisti occidentali degli anni Venti e Trenta l'Unione Sovietica appariva come la 'terra promessa'. Molti di loro intrapresero perciò lunghi e spesso disagevoli viaggi clandestini nella patria del socialismo, nella speranza di veder concretati i loro ideali di uguaglianza e giustizia. Ma, arrivati a destinazione, scoprirono con amarezza che la realtà era ben diversa, che la vita quotidiana era difficile e le condizioni di lavoro pesantissime. E benché l'Italia fosse oppressa dal regime fascista, mantennero sempre vivo il legame con il proprio paese, anche nelle forme più semplici e innocue: qualche parola scambiata con i connazionali, un incontro al caffè con un nuovo collega giunto dall'Italia, una lettera ai parenti lontani. Non immaginavano che, a causa del clima di sospetto via via creatosi, ogni atto e ogni parola sarebbero stati considerati controrivoluzionari, da pagare, come spesso accadrà, con la vita. Né che gli amici e compagni comunisti si sarebbero trasformati nei loro principali delatori: sarà infatti la sezione italiana dell'ufficio quadri del Comintern (fra cui Palmiro Togliatti, Domenico Ciufoli, Antonio Roasio) a fornire al Commissariato del popolo per gli affari interni gli elenchi dei "deviati", dei portatori contagiosi di "umori negativi" e di "malcontento" nei confronti dell'Unione Sovietica. Dopo "La tragedia dei comunisti italiani", Giancarlo Lehner, con una nuova serie di sconcertanti documenti inediti emersi dalle sue ricerche e da quelle di Francesco Bigazzi negli archivi sovietici, prosegue il proprio racconto sulla drammatica sorte che toccò a tanti italiani deportati nei gulag di Stalin. A molti di questi giovani disillusi dà un nome e un volto, restituendo loro l'integrità morale e politica. Attraverso i verbali degli estenuanti interrogatori ne ricostruisce la storia, il cui triste epilogo segue un copione predeterminato: dopo inimmaginabili torture, tutti si autoaccusano e dichiarano di aver svolto attività spionistica a favore dell'Italia fascista, nonché di essere trotzkisti e bordighisti. Da qui alla condanna a morte il passo è breve. Soltanto dopo il 1956 verranno in gran parte 'riabilitati', ma spesso alle famiglie non sarà comunicata la vera causa del decesso. "Carnefici e vittime" fa luce su una pagina dimenticata della nostra storia recente, denunciando le precise responsabilità del comitato dirigente del Partito comunista italiano di allora. Il suo intento è quello di rimediare a "un'amnesia programmata" di cui furono vittime "centinaia di donne e uomini traditi dalla loro stessa fede politica tanto generosamente e perigliosamente testimoniata".
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