Il velo di Maya
In questo nuovo romanzo di Carlo Sgorlon sono tre gli elementi che, intrecciati e variati, costituiscono l'ossatura del racconto. Il primo è un elemento filosofico, a cui allude il titolo, particolarmente indicativo della posizione dell'uomo nei confronti dell'esistenza universale. Il secondo è la musica, che torna qui in tutte le sue forme possibili. L'ultimo elemento è l'eros, la forza che unisce gli uomini tra loro e col cosmo. Jacopo d'Artegna, protagonista del romanzo, è un musicista geniale che prova sulla propria pelle, attraverso una serie di avventure felici e infelici, tutte le combinazioni che derivano dal rapporto tra pensiero, musica ed eros. Nella sua vita fortuna e sfortuna si inseguono incessantemente, come se una presenza demoniaca combattesse con una benefica forza riparatrice. Jacopo sperimenta la musica in mille forme, da quelle folkloriche a quelle attuali, come il rock, alla grande sinfonia. Il suo desiderio è di rimanere sempre vicino alle origini popolari della musica, rinunciando a ogni intellettualismo, e rinunciando addirittura alla propria identità d'artista. Per questo fa circolare come anonime le sue creazioni. In realtà è la musica che lo incalza e lo circonda, esattamente come l'aria che respira. E la musica è in effetti aria, aria che vibra, incarnandosi però nel corpo di alcune straordinarie figure femminili. Tra gli ultimi romanzi di Sgorlon, in nessuno come in questo le donne e l'eros sono così pervasivi. Ogni fase della ricerca artistica e sapienziale di Jacopo è affiancata da una figura femminile: dalla madre Agnes alla provvida maestra di canto Alice, dalla zingara Desirée alla estroversa argentina Marisol, fino alla giovanissima Arletty. Ognuna di loro fa sentire con la propria presenza fisica un contatto segreto e intenso con la vita dell'universo. "Non sappiamo niente e tutto immaginiamo" dice un medium a Jacopo. E questo fantasmagorico racconto conferma che il volo di Maya è lo schermo su cui gli uomini proiettano le loro immaginazioni per rendere accettabile l'esistenza. Sgorlon ha così riscritto, a modo suo, ambientandolo nei suoi luoghi, un nuovo "Doktor Faustus", e ha sostituito all'apocalissi prospettata da Thomas Mann la visione attuale e favolosa di un possibile ricongiungimento dei fragili esseri umani con le immense forze cosmiche. La musica è lo strumento di una nuova e antichissima conoscenza che passa insieme per i sensi e per la mente, ricomponendo l'unità del tormentato uomo moderno.
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