Magra da morire. Come sono uscita dalla bulimia-anoressia
"Che gioia, hai la nausea. Aspetti mezz'ora, il tempo che tutto sia sceso per bene, torni in bagno, premi la lingua con l'indice e il medio ed esce, tutto di colpo, un gran fiotto di melma lattiginosa. Nessuno che non l'abbia sperimentato sa che sollievo si prova. Mi sentivo pulita, purificata, inattaccabile. " Questa è "la storia di una ragazza che vuole essere snella e che per questo si provoca il vomito... La storia di una principessa che si infligge delle mortificazioni fisiche per corrispondere ai criteri di regalità che si è autoimposta, al riflesso che le rimandano gli occhi di sua madre quando vi si specchia. E gli occhi di sua madre sono gli occhi del mondo intero". Camille parla così di se stessa e della sua storia. Senza sconti, senza riguardi, senza ipocrisie. Parla del desiderio di essere perfetta, sempre all'altezza delle aspettative. parla dei sogni intrappolati in un mondo che non fa per lei. E poi di bilance, tabelle delle calorie e ancora di vomito: "Mi vedo ancora una sera in ginocchio, come in preghiera, con un sacchetto di plastica in mano...'". "Magra da morire" è una testimonianza scritta con uno stile degno di un romanzo, ma che nel suo spietato racconto della verità non concede niente al romanzesco. "Non contate su di me per criticare la società in cui viviamo e le immagini che essa veicola" ci avverte l'autrice. Camille infatti non scrive per dare lezioni, non fa la psicologa, né tanto meno vuole diventare un modello (ha già sofferto troppo per questo). Vuole soltanto raccontare la sua storia, fortunatamente a lieto fine. L'unica cosa che concede è di riconoscercisi dentro. E di trovare, in questa sorte comune, un barlume di speranza.
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