L'Olimpo sul soffitto. I due Tiepolo tra Venezia e l'Europa

L'Olimpo sul soffitto. I due Tiepolo tra Venezia e l'Europa

Due pittori nel loro tempo, due uomini in un mondo che cambia, il rapporto tra un padre e un figlio normalissimi per certi aspetti e fuori del comune per altri. Già con la vita di Tiziano raccontata in "Il colore e la gloria", Alvise Zorzi ci aveva indicato un modo nuovo di trattare il percorso umano e creativo degli artisti. Quella formula originale e felice, fondata sull'intreccio tra una documentazione analitica, rigorosa, mai chiusa sul particolare ma sempre attenta a inserirsi nel quadro della grande storia europea, e una narrazione rapida, briosa, di taglio romanzesco, ritorna per presentarci le vite di Giambattista e Giandomenico Tiepolo. Veloce come il lampo, frenetico, ironico, 'indiavolato'; il padre. E radioso, splendente, nella pienezza del colore e della luce. Più amaro, introverso, aspro, il figlio. Come se fossero stati chiamati, entrambi, a incarnare alla perfezione ognuno lo spirito dominante del proprio tempo: l'ultimo fulgore della Repubblica veneziana prima e dopo la fine. E così, ecco l'uno che eccelle negli spazi ampi, nel fulgore di vertiginose apoteosi di santi, di tumultuose andate al Calvario. E nel bagliore delle carni delle sue Flore, Psichi, Pandore, Cleopatre, nella reinvenzione del mito, nella celebrazione delle glorie, vere o supposte, di nobilòmeni imparruccati, capitani 'da Mar', ecclesiastici, re e imperatori; ecco l'altro che più segretamente brilla nei piccoli quadri da cavalletto, nelle incisioni, nei Pulcinella chiassosi, ma inquieti e inquietanti. Eppure - e qui sta tutta la profondità e la delicatezza dello sguardo di Zorzi - il racconto non si svolge mai nel senso di una, troppo facile, contrapposizione tra ombra e luce. Al contrario, ciò che Zorzi racconta è un rapporto di vero e proprio affetto paterno e filiale e di feconda collaborazione artistica, benché la figura del padre avesse tutte le caratteristiche per soverchiare quella del figlio. Il fine ultimo di questo affresco che mette in scena sessant'anni di una storia popolata di personaggi che - ora tenendosi sullo sfondo, ora risalendo più in primo piano - vanno da Casanova a Gozzi, a Goldoni, Algarotti, Fra' Galgario, Canaletto, Rosalba Carriera, i Guardi, è sempre quello di non fermarsi alle apparenze. Così si scoprirà che per capire veramente la pittura di Giambattista Tiepolo, il suo messaggio di libertà creativa, di innovazione profonda e di richiamo alla tradizione non basta concentrarsi solo sul fasto e sul miracolo della luce. Questo è anzi il mezzo migliore per fraintendere, come in effetti non mancò di fare una parte della critica successiva restituendo l'immagine, falsa, di un pittore scenografico e superficiale. E che la comprensione del padre avvenga proprio attraverso la guida e la parola del figlio non è l'ultimo dei pregi di questa vivacissima, 'indiavolata' vita parallela.
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