L'uomo è ciò che guarda. Televisione e popolo
Spesso si guarda la televisione non per soddisfare un reale interesse, per vedere un determinato programma, ma semplicemente perché non abbiamo niente di meglio da fare, per colmare un vuoto che cerchiamo di riempire con 'quello che c'è'. È così che il piccolo schermo si impadronisce della nostra attenzione e del nostro tempo, e finisce per condizionarci, nel bene e nel male: a volte ci incuriosisce, ci informa, ci diverte, a volte ci annoia, ci irrita, ci disgusta. In questo saggio Stefano Zecchi, un filosofo che non ha mai temuto di misurarsi con le platee dei talk show e con le regole ferree della comunicazione televisiva, analizza la fenomenologia di alcuni programmi emblematici della televisione degli ultimi decenni (come il "Maurizio Costanzo Show", "Porta a porta" e "Il Processo di Biscardi") e denuncia implacabilmente sia la deriva trash dei reality show e di numerose trasmissioni di intrattenimento, sia l'incontenibile dilagare della volgarità . E, con fine ironia, sferza tutti quei colleghi che, sottraendosi per snobismo culturale al dovere di "sviluppare una critica interna al mondo televisivo", rifiutano il ruolo di "intellettuale nazionalpopolare" (così definito da Antonio Gramsci sulla scia della tradizione postrisorgimentale, e al quale il piccolo schermo offre nuove e insospettate opportunità ) e rinunciano a un'"etica della responsabilità ", che dovrebbe indurre tutti a preoccuparsi delle conseguenze talvolta nefaste del potere esercitato dalla televisione sui telespettatori, soprattutto i più giovani, e sulla loro formazione.
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