Il signor figlio
Un padre e un figlio. Uniti dalla scrittura, divisi dall'arte. Perché il genio non rispetta l'ordine tra le generazioni e un figlio può eccellere in regioni destinate a rimanere sconosciute al padre, non lasciando scelta tra il conflitto e la sottomissione. A meno che in questo contrasto tutto maschile non intervenga lo sguardo visionario di una madre capace di arrendersi al mistero di cui ogni figlio è portatore. Ne sa qualcosa l'uomo che, nella Londra di metà Ottocento, si presenta come il conte Rossi. In Italia, molti anni prima, è stato un poeta in continuo duello con il padre. Adesso è soltanto un erudito bizzarro e solitario, dedito alla costruzione di un'Opera enigmatica e indefinibile. Ma chi è davvero il conte Rossi? Quale segreto custodisce? Lo scoprirà, suo malgrado, un pittore alle prime armi, finito quasi per caso nella soffitta in cui l'italiano vive rintanato. E da quel momento la storia di Monaldo e Giacomo Leopardi confluirà in quella di Rudyard Kipling e di suo padre John, in attesa dello scioglimento al quale presiede - fuori dal tempo e dallo spazio - Cécile, la madre poetessa del compositore Olivier Messiaen. Una rete di analogie, questa, che si trasforma nella trama de "Il signor figlio", trascinante narrazione romanzesca nella quale ogni illazione è puntigliosamente verificata sulla verosimiglianza suggerita dai documenti. Le fogne della Londra vittoriana e i campi di battaglia della Prima guerra mondiale, il disegno titanico dello "Zibaldone" e i manoscritti perduti dello "Zend-Avesta", la biblioteca di Recanati e i campi di prigionia nazisti, il culto della dea Cibele e la meditazione agostiniana sulla Trinità delineano il paesaggio di un libro appassionato e incalzante, nel quale la rivalità suscitata dall'arte è in realtà la metafora di un conflitto che ogni figlio - e ogni padre - conosce bene per averlo sentito, più lieve o più feroce, nei propri sentimenti in formazione, nella propria carne.
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