Adua. La battaglia che cambiò la storia d'Italia
All'alba del 1° marzo 1896 sedicimila italiani, scarsamente addestrati e armati di fucili antiquati, si addentrarono fra le impervie e solenni montagne che portano a Adua, in Abissinia. Andavano all'attacco di centomila etiopi, comandati dal negus Menelik e dalla terribile regina Taitù. I giornali dell'epoca definivano i soldati dell'esercito nemico 'selvaggi', in realtà erano fieri combattenti dotati di mezzi militari più moderni dei nostri. Pur essendo trascorso più di un secolo da quello storico evento, che fu la prima grande vittoria di un paese del Terzo Mondo sulle armate europee, la battaglia di Adua resta un 'suicidio' militare ancora ammantato di misteri. La sera di quel tragico giorno, l'armata cui l'Italia aveva affidato le sue fragili velleità imperiali era in frantumi, due dei cinque generali che la guidavano avevano perso la vita e un terzo era caduto prigioniero con altri duemila soldati e ufficiali. Alla disfatta è legato soprattutto il destino di un generale ex garibaldino, Oreste Baratieri, il quale, caso unico nella storia, guidò da comandante in capo le sue truppe sebbene fosse già stato destituito. Nonostante la segretezza mantenuta dal governo di Roma sull'intenzione di sostituirlo, Baratieri comprese di essere stato sacrificato ai malumori dell'opinione pubblica che esigeva trionfali vittorie, e decise, per rabbia e disperazione, di giocare il tutto per tutto in una battaglia che poteva restituirgli l'onore e il successo. Trascinò così nella rovina anche i suoi uomini. Il successore, infatti, giunse sciaguratamente nella colonia Eritrea soltanto il giorno dopo, a giochi conclusi. Domenico Quirico narra per la prima volta lo scontro in presa diretta, seguendo le fasi e i ritmi convulsi dei combattimenti con gli occhi di coloro che ne furono vittime e protagonisti. La sua ricostruzione non vuole essere solo la cronaca veritiera e appassionante di una memorabile débacle, ma anche l'analisi dei presupposti storici, politici, culturali che la resero possibile. E delle importanti conseguenze che ebbe nel nostro paese. Adua sarebbe potuta restare un semplice episodio di guerra coloniale, provocò invece un terremoto politico che mutò in profondità la storia d'Italia. Con essa si pose davvero fine al Risorgimento, ai suoi sogni, alla sua ideologia. Ne derivò una ferita psicologica, un senso di umiliazione nazionale che avvelenò il nostro patriottismo trasformandolo in un nazionalismo rancoroso, esasperò i conflitti sociali e separò le classi dominanti dal resto della società civile, che rifiutò di considerarsi corresponsabile del disastro. Con consumata abilità politica, Mussolini avrebbe saputo volgere a proprio favore quegli umori, vendicando nel 1935 l'onta di Adua e ottenendo così il più alto consenso popolare al regime fascista.
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