Ai padri perdono. Diario di viaggio
Ascoltare la voce dei padri, risentire, attraverso i loro racconti, il suono di speranze antiche, e rimorsi, pentimenti, il ritmo profondo della storia che si ripete con le sue conquiste e i suoi errori. E' questo il primo senso di un libro dalla scrittura nomade, che di significati ne ha molti, intrecciati, come sempre diversi sono i suoi sfondi: l'Italia, prima di tutto, da Roma a Milano alle Marche, e poi, andando a est, la Dalmazia, la Russia da San Pietroburgo a Mosca, dai paesi baltici fino al Caucaso.Col pretesto di scrivere un libro sul Giubileo, l'autore interroga se stesso, i suoi libri, i ricordi di uno zio, per tirar fuori un ritratto, mai scontato, del Paese e del carattere degli italiani. E allora ecco apparire Bonifacio VIII e Giordano Bruno, Cola di Rienzo e Mussolini, Togliatti e Montanelli. Poi il discorso si allarga in una prospettiva tematica sempre più ampia, capace di inglobare, con un singolarissimo andamento spiraliforme, temi aspri e brucianti: l'olocausto, il nazismo e il comunismo, l'umanesimo, le teorie economiche. Ma accanto alla saggezza e ai deliri della Storia, in un continuo contrappunto, Geminello Alvi ama inserire temi desueti, dal codice dei duelli alla malacologia, apparentemente antiquari o eccentrici, eppure ogni volta pronti a svelarci qualcosa d'imprevedibile su di noi, sui nostri antenati, sul nostro modo di stare o di essere stati al mondo.Su tutto quest'universo irriducibile e polimorfo sul quale Alvi esercita un'ermeneutica che stupisce, diverte e talvolta sconcerta, sempre però suscitando un gran piacere estetico e un liberatorio vortice di pensieri, gravita un interrogativo costante: chi è colui che perdona e che cosa perdona? La risposta è in questo libro variegato: aforistico, storico, narrativo. Il suo autore ha un tono da anticonformista 'provinciale', si potrebbe dire da antico italico: severo ma non rigido, conservatore ma spregiudicato, ricco di quella 'pietas' che negli antichi romani era il sentimento dovuto ai genitori, prima che sopraggiungesse la morte a collocarli nel pantheon degli dei domestici. Un gesto di civiltà antica e profonda, l'atto mite e solare verso qualcosa che non ha ancora raggiunto la sua forma definitiva.
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