Nessun Dio a separarci
Chi racconta in prima persona questa storia è una quarantenne che svolge un lavoro intellettuale precario ed è reduce da un grave lutto: il suo compagno, legato a lei da un amore completo e complesso, un amore 'pesante', si è ucciso annegandosi e senza che la donna ne possa indovinare la ragione. Da quel momento lei vive alla giornata, lavora per sopravvivere e si concede ai primi uomini che incontra, con disgusto e senza memoria, alla deriva, sempre e solo per una volta, negandosi a qualunque rapporto che somigli a una storia vera. Finché conosce in treno un giovane nordafricano, Salim. Dovrebbe essere, come al solito, un incontro di solo sesso e invece diventa presto un'altra cosa, un amore vero e doloroso, reciproco ma superiore alle forze di entrambi. Perché qui non si tratta, per ricordare il titolo di un famoso film di Lelouch, semplicemente di "Un uomo, una donna". Al contrario, è come se questo rapporto tra una donna 'europeana', carica di tutta la ricchezza, le nevrosi, le nausee, i consumi, la cultura dell'Occidente, e un uomo africano, grave di tutta la saggezza, la miseria, la dolcezza, il fatalismo, le chiusure del Terzo mondo, non potesse assolutamente risolversi nel semplice incontro di due corpi e di due individualità. E come se sia lui che lei dovessero per forza accollarsi tutto il proprio mondo, tutta la propria storia e la propria civiltà, con le sopraffazioni dei padri, le barriere, le incomprensioni e le ingiustizie di cui nessuno dei due è responsabile ma che entrambi devono patire e scontare. Contro un'impossibilità di comprendersi veramente, che sembra affondare le sue radici in una lontananza geologica - quasi risalisse alla deriva dei continenti che frantumò l'unità originaria della 'Pangea', la massa un tempo tutta unita delle terre emerse -, lotteranno i due protagonisti con una specie di fervida disperazione, e ognuno alla sua maniera. La donna coinvolgendo l'uomo nel rancore che la oppone ai cinici riti di appartenenza del suo mondo, una borghesia disillusa ed estraniata; l'uomo cercando di attirare la donna nel grembo protettivo, incantevole e rassicurante della propria terra. Così, tra le sponde di una Venezia putrida, imbruttita, e quelle di un Marocco coloratissimo in cui si disfano, si sfarinano le concezioni occidentali del tempo e dell'efficienza, si sviluppa l'itinerario di un romanzo di sentimenti come di durezze, di rassegnazione come di conflitti. Una storia amara e tenera che, in tempi di incomprensioni irriducibili tra i popoli e le culture, in tempi di ritirata di ognuno nel chiuso dei propri confini, certamente ci farà riflettere e non può farci che bene.
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