Il male. Storia naturale e sociale della sofferenza

Il male. Storia naturale e sociale della sofferenza

Dolore, malattia, consapevolezza della morte, perdita, violenza, sopruso, ingiustizia, cattiveria, invidia, desiderio inappagato, senso di inadeguatezza: infinito è lo spettro delle nostre esperienze che confluiscono nella parola "male". Vi riversiamo tutto il disagio e l'inquietudine che proviamo nei confronti del negativo, dello sgradevole, di ciò che vorremmo scansare o allontanare, o anche semplicemente del vuoto, della mancanza. Da sempre il male accompagna le nostre vite, si insinua in mille forme nella nostra esistenza, costringendoci prima o poi a interrogarci. Ma che cos'è realmente il male? Edoardo Boncinelli affronta questo problema coniugando la sua grande competenza di scienziato e genetista con più ampie riflessioni di carattere psicologico, sociologico ed etico. Ne risulta un'interpretazione calata nel mondo, distante da speculazioni astratte o accademiche, e che punta il riflettore sull'essere umano. Perché è nella natura umana che si trova la chiave per comprendere il male. Non esiste, infatti, un male oggettivo, metafisico, né esiste il male in natura, fra gli animali, che seguono la legge dell'istinto. E quello che viene definito male naturale, privo di colpa, perché originato da fattori ambientali, biologici, genetici, possiede una sua intrinseca legittimità. Infine il male morale, ossia quello commesso con intenzione dal singolo o da un gruppo, è legato a un giudizio di valore, ed è tale in quanto offende la coscienza individuale o trasgredisce l'insieme di norme e di valori etico-politici e religiosi che improntano la coscienza collettiva. Ed è proprio la coscienza il luogo in cui prende forma la nostra percezione del male, trasformando la disgrazia in disperazione, il dolore fisico in sofferenza, e suscitando in noi, di fronte a determinate azioni, biasimo e condanna. Lì nascono le emozioni, i sentimenti, lì si sviluppa la nostra capacità di valutare la realtà e gli eventi, e quindi di concepire il male essenzialmente come qualcosa che "non ci piace". Non sappiamo ancora con esattezza che cosa sia questo "surplus", prodotto di sofisticati processi nervosi e psichici all'interno della corteccia cerebrale. Sappiamo per certo che ci rende diversi dagli animali, forse più forti ed evoluti, ma per molti versi più mutevoli e vulnerabili, anche perché non ci emancipa del tutto dal vincolo delle leggi di natura. In realtà, sostiene Boncinelli, l'uomo rimarrà in eterno una strana, ibrida creatura, sospesa tra istinto e ragione, tra necessità e libertà. Il male "radicale" autenticamente irriducibile va ricercato dunque dentro di noi, nelle contraddizioni che animano il nostro essere, nella nostra imperfezione, che però è anche la nostra grande ricchezza. Come afferma Kant, "dal legno storto di cui è fatto l'uomo si può ricavare ben poco di diritto e squadrato", ma da quel legno si è potuto ricavare tanto e tanto si potrà ancora ricavare. E, fortunatamente, anche la nostra idea di male ha ben poco di diritto e squadrato.
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