Yoga per gente che proprio non ne vuole sapere
Geoff Dyer non è certo un individuo pacificato e sereno. Al contrario è un lottatore riluttante ma tenace che ha ingaggiato un nevrotico ed esilarante corpo a corpo con tutto e con tutti: col mondo, con gli altri, con se stesso. Ogni occasione è buona per mettere in luce un universo personale fatto di ossessioni, fobie, sogni e speranze. In "Yoga per gente che proprio non ne vuole sapere" gli episodi di viaggio nei luoghi più disparati e gli incontri rappresentano altrettante tessere di un puzzle irrisolto e irrisolvibile, altrettanti round dell'eterno match che Dyer combatte da sempre. Sullo sfondo di una Roma ferragostana e reale; di una New Orleans malinconica e piovigginosa; di una Cambogia lussureggiante e miserabile; di una Parigi vista con uno sguardo quantomai 'acido', si susseguono varie girlfriend, numerosi coetanei britannici e americani che vagabondano per il mondo, contadini cambogiani e thailandesi stupiti davanti all'incomprensibile mistero dei turisti. Emblematicamente, la storia si conclude con il fascinoso rito del "Burning Man" che ogni anno riunisce per pochi giorni una comunità giovanile sempre più numerosa in una località desertica del Nevada: vera e propria utopia in terra che si consuma nel breve volgere di poche ore e che culmina con l'incendio di un enorme fantoccio nella notte. Il libro finisce, ma la ricerca - ora lucida ora affannosa - di un senso, di una casa, di uno stare in pace con se stessi e col mondo continua. "Yoga per gente che proprio non ne vuole sapere" non è un libro di viaggi: è in realtà la radiografia divertente e al contempo luciferina di una profonda tensione esistenziale che è di tutta una generazione. Un "On The Road" dei nostri tempi.
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