Squadrone bianco. Storia delle truppe coloniali italiane
5 febbraio 1885: a Massaua, remoto porto del mar Rosso ai margini dell'impero turco, sbarca, sotto un'opprimente calura, un piccolo contingente di soldati italiani. Inizia allora, tra equivoci, velleità espansionistiche da grande potenza e miseri finanziamenti, l'avventura del nostro colonialismo. Mezzo secolo di sanguinose vittorie e plateali sconfitte, di eroismi e crudeltà di cui solo in piccola parte furono protagoniste le nostre truppe. Le colonie, in realtà, vennero conquistate, difese e perse da eserciti di indigeni assoldati come mercenari e guidati da ufficiali italiani. Giunti dal Sudan e dallo Yemen, andarono a formare battaglioni in cui convivevano uomini delle etnie più diverse: tigrini, etiopi, somali, libici. Si batterono bene e con coraggio, in cambio di una paga modesta, di una divisa e di un fucile, sottoposti a una disciplina implacabile, dove ai ceppi si affiancava il 'curbasc', la frusta di pelle di ippopotamo. Di fede cristiana o musulmana, animista o pagana, ognuno di loro poteva pregare il suo dio in perfetta libertà. Si fecero uccidere a migliaia affrontando le turbe fanatiche seguaci del Mahdi, un precursore di Bin Laden che voleva cacciare gli empi colonialisti dalle terre del Profeta; a Adua molti di loro furono mutilati dal negus Menelik per tradimento; in Libia diedero la caccia agli inafferrabili guerriglieri del deserto; nel 1935 arrancarono sulle ambe etiopiche per aprire la strada ai soldati di Mussolini. I generali li giudicavano con degnazione, talvolta con disprezzo, considerandoli utili ma vergognandosi di dover dipendere, per vittorie e medaglie, da quei 'selvaggi'. Che pure furono sempre fedeli all'Italia, anche quando tradirla sarebbe stato più semplice e meno pericoloso. Questa epopea dimenticata, di cui Domenico Quirico ripercorre le fasi più esaltanti e drammatiche con stile personalissimo e non privo di amara ironia, offre una delle chiavi per comprendere i legami complessi, e contraddittori, che il colonialismo crea tra 'padroni' e indigeni. E la storia dei reparti africani si intreccia con quella, altrettanto tragica e dimenticata, degli ufficiali che al loro fianco si batterono da Dogali a Cheren, ultima battaglia dell'effimero impero italiano: due realtà lontanissime accomunate dalla dura necessità della guerra, che, al di là delle gerarchie militari e delle differenze razziali, mette in scena un unico dramma umano.
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