Sefarad. Un romanzo di romanzi
'Sefarad' è il nome con cui gli ebrei chiamavano la Spagna al tempo della loro espulsione alla fine del Quattrocento: un nome che nei secoli ha finito per indicare "un luogo remoto, quasi inesistente, un paese inaccessibile, sconosciuto, ingrato, rimpianto con una malinconia irragionevole, con una lealtà tenace" . Il luogo della memoria, delle radici, la patria perduta e mai più ritrovata, sempre e solo sognata nell'esilio, nella lontananza, nell'assenza. A questo luogo dello spirito che diventa condizione dell'esistenza uno dei più grandi scrittori spagnoli contemporanei ha voluto dedicare la sua opera più ambiziosa. Il risultato è un libro alto, "nobile" si vorrebbe dire, un "romanzo di romanzi" (come l'ha definito lo stesso Munoz Molina) in cui si fondono storie immaginarie e vicende reali, riscattate così dall'oblio, un "labirinto di storie" in cui si incrociano le memorie di personalità storiche (da Kafka a Primo Levi, da Victor Klemperer a Evgenia Ginzburg) e di personaggi fittizi che hanno tutti una radice comune in quella 'Sefarad' non più solo geografica. Scorrono così sotto i nostri occhi episodi o intere vite di individui che per una circostanza del caso, per amore, per senso morale o credo politico, per appartenenza a una religione o a un'etnia, hanno conosciuto la violenza e l'irrazionalità del Novecento, subendone gli orrori, vittime della persecuzione, costretti all'esilio o alla fuga, sottratti alla vita da una morte atroce e anonima. "Nessuno di noi è una sola persona" ci dice Munoz Molina, "e nessuno di noi ha una sola storia" : "Sefarad" è infatti la Storia, e tutti noi, un romanzo individuale e collettivo, profondo e straziante, che ci trasmette in tutta la sua forza devastante il terrore della vittima, qualunque essa sia, ed entra con spietata lucidità nella mente di chi accusa e di chi è accusato. Una straordinaria opera di narrazione in cui è condensata la memoria storica dell'Europa, il suo tragico lascito al nuovo millennio.