Vita di Marcel Proust

Vita di Marcel Proust

Questa monumentale biografia di Proust apparsa in Francia nel 1996, fa giustizia della leggenda che quelle precedentemente pubblicate avevano contribuito a costruire. Una leggenda che, alimentando la confusione o sovrapposizione tra l'autore e il personaggio del Narratore, si è in gran parte sostituita alla reale comprensione della vita e dell'opera di Proust. La leggenda, fatta in parte di menzogne e in parte di mezze e superficiali verità, nutrita di congetture avventate o di interpretazioni di bassa cucina psicanalitica, è costituita di una serie di luoghi comuni pigramente accettati e ormai solidamente radicati. Tadié si è posto da una prospettiva storica più alta, resa possibile anche dalla pubblicazione della "Correspondance" proustiana e dalla consultazione dei manoscritti della "Recherche" : ricollocando i fatti nella cornice sociale e culturale in cui sono maturati, li ha messi al servizio del mistero dell'opera che dovevano aiutare a capire, senza l'assillo e l'ingombro di una interpretazione preventiva. Così l'asma è tornata ad essere una malattia sofferta e curata fino a quando non è crollata la speranza di guarirne e, dopo di allora, lenita e vissuta come un ricorrente e sempre più angosciante presagio di morte; l'attaccamento per la madre senza nulla perdere della sua intensità sia negli appagamenti sia nelle frustrazioni, ha assunto il tono del dialogo intellettuale e affettivo tra due anime di elevata sensibilità e di profonda affinità, che non ha mai avuto bisogno di escludere gli altri familiari per sentirsi corrisposto; la sessualità, per quanto tormentosa, è stata ricondotta alle proporzioni non certo preminenti che ha avuto nell'economia della vita di Proust e il catalogo delle perversioni nel novero delle esperienze che egli si era imposto di immagazzinare. E più che al loro repertorio, l'attenzione è stata rivolta ai ritmi secondo cui s'alternano le passioni amorose dello scrittore, alla scelta di una donna-schermo al cui riparo puntualmente si nascondono o al ricordo delle sembianze femminili che sanno evocare. E alla luce di questo attento scrutinio degli incontri, delle letture e delle conoscenze, le chiavi dei personaggi si sono moltiplicate e spesso inaspettatamente intrecciate. Cura particolare Tadié dedica alla ricostruzione degli anni giovanili; dietro il progressivo affermarsi dell'io mondano, il biografo segue le piste, anche le più tenui, della maturazione letteraria di Proust, indagando sulle letture a proposito delle quali egli è sempre stato avaro di notizie e sui testi che andava scrivendo. Soprattutto ci accompagna attraverso le tappe successive e in apparenza incoerenti che segnano il formarsi delle sue idee e dei suoi gusti - France, Montesquiou, Emerson, Carlyle e poi Ruskin - e l'elaborazione della sua estetica. La dicotomia tra una giovinezza di dissipazione mondana e una maturità di operosa reclusione creativa si stempera così in una lenta, tormentosa ma sempre più accanita e consapevole preparazione a un'opera che dal "Contre Sainte-Beuve" in poi l'esistenza dovrà servire a realizzare. Le biografie sono per loro natura sempre perfettibili, a mano a mano che nuove acquisizioni documentarie vengono a colmare lacune e a ridurre la possibilità degli equivoci e lo spazio delle congetture. Da questo punto di vista la biografia proustiana ha davanti a sé la garanzia di un lungo avvenire, perché tutto ciò che manca - le lettere ad Agostinelli e quelle al padre, i quaderni affidati a Céleste Albaret - è andato irrimediabilmente perduto e il poco che resta - il diario di Reynaldo Hahn - non sarà consultabile ancora per molti anni. Dopo tanti biografi che si sono voluti imporre come critici, Tadié è il primo critico che ha scelto di far confluire tutte le conoscenze in una biografia. Lo ha fatto con sapienza e sensibilità, passione e rigore, ma anche con pudore e rispetto, lasciando il centro della scena all'inoppugnabile evidenza delle circostanze appurate, degli atti compiuti e delle parole pronunciate, e riducendo la loro interpretazione a quella misura di trasparenza e di invisibilità che Proust amava tanto nella recitazione della Berma.
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