Tribù. Foto di gruppo con Cavaliere
Forse non si è mai assistito a un ricambio di partiti e di classe dirigente traumatico, rapido e radicale come quello avvenuto in Italia partire dalla prima metà degli anni Novanta. Una svolta così profonda da avere rovesciato, prima a destra e poi a sinistra, gli stessi percorsi d'accesso alla politica. E da aver portato alla ribalta una tribù composta da personaggi di ogni genere un tempo sullo sfondo: raffinati intellettuali e ballerine coscialunga, pensosi statisti e scafati mestieranti, dignitosi "ex" che hanno limpidamente cambiato idea e voltagabbana pronti a vendersi e rivendersi, vergini e spretati, affidabili professionisti e cinguettanti "maitresses à penser". Nel suo nuovo libro Gian Antonio Stella, una delle penne più ironiche e feroci del giornalismo italiano, mette a nudo pregi e difetti, vizi e vanità dell'attuale classe dirigente. Personaggi spesso tirati in politica solo per il loro nome. Vistosi. Invadenti. Inconsapevoli di essere solo figurine di contorno. Comparse che non contano nulla e parlano di cose di cui non sanno nulla. E danno vita a mischie coloratissime dove si confondono le tragedie e le futilità mondane, Pol Pot e Nonna Papera, Georgij Malenkov e il gossip, Lavrentij Berija e Clarabella, i gulag e la sciarpina 'shahtoosh'. In un crescendo violento, scomposto, volgare, come se fosse tutto solo un grande gioco.
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