La prigioniera
Il destino di Malika Oufkir, figlia di uno degli uomini più influenti e di una delle donne più affascinanti del Marocco, è la reclusione. Adottata a cinque anni dal re come compagna di giochi della principessa, viene strappata alla famiglia e rinchiusa nella gabbia dorata dell'harem di corte, tra feste, lusso, viaggi esotici. Una vita finta, passata a rimpiangere le braccia della madre e il mondo che pulsa fuori. Un giorno Malika lascia il Palazzo e conosce, anche se per un attimo, l'ebbrezza della felicità. Poi, il 16 agosto 1972, il tentativo di colpo di stato. Suo padre, che era stato coinvolto nell'attentato al sovrano, muore giustiziato. Malika, insieme con i fratelli e la madre, viene rinchiusa per vent'anni nelle carceri marocchine: il destino si ripete. Questa volta la prigione non è un palazzo, ma una cella sordida; niente servitù, niente agi, niente di niente. Nemmeno il cibo. Con il passare dei mesi, alla fame si aggiungono il freddo o il caldo torrido, i ratti, gli insetti, le malattie. Ogni giorno Malika inventa un motivo per regalare ai suoi compagni di prigionia un sorriso, una speranza. Ma ogni notte, quando il buio la protegge, piange in silenzio. Per la vita che scivola via, per il suo corpo che sfiorisce senza aver conosciuto l'emozione di una carezza, per l'infanzia mutilata dei fratelli. E quando un tunnel scavato a mani nude riporta tutti alla luce, sembra troppo tardi per cominciare a vivere. Bisogna imparare tutto di nuovo: a ridere, mangiare, viaggiare, amare. A parlare di quello che è successo. Questo libro, nella storia di Malika, rappresenta il ritorno alla vita: Michèle Fitoussi ha riportato sulla pagina le sue parole intense, l'incrinarsi della sua voce, e il tono fiero di chi è sopravvissuto all'inferno e non teme più nulla.
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