La signora Dalloway in Bond Street
"La lingua di Virginia Woolf" scrive Anna Luisa Zazo nella sua introduzione a questo volume "è ricercata, preziosa, immateriale, sembra volersi affiancare all'oggetto espresso, volerlo discretamente accerchiare piuttosto che colpirlo nel centro, ma è una lingua di straordinaria ricchezza. Come testimoniano anche i racconti scelti per questa raccolta. In "Il diario di Joan Martyn", uno dei suoi primi racconti, che l'autrice ha lasciato autografo e senza titolo, Virginia Woolf passa così dal linguaggio autoironico della scrittrice e della donna di mondo a una ricostruzione del linguaggio del tardo quindicesimo secolo. In "La signora Dalloway in Bond Street", invece, la lingua si fa fluida, mobile, sospesa, mai conclusa, rivendicando con ciò la legittimità dei racconti non finiti. In "Lappin e Lapinova", più tardo, pur conservando l'amore per la metafora e la tensione poetica, la lingua sa farsi secca, concisa, folgorante, per descrivere il contrasto fra la realtà interiore della protagonista e la realtà esterna che, metaforicamente, la uccide. Un linguaggio, dunque, mutevole, in movimento, come è in movimento, sfuggente, evanescente la realtà che esprime".(Zazo, Anna Luisa)
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